A chi non è successo, anche durante la vacanza più rilassante, di sentirsi ribollire il sangue a causa del comportamento di un’altra persona? O di sentire una sensazione più fastidiosa dell’etichetta di una maglia che ci punge il collo? A me capita spesso, e mi fa piacere sapere di non essere sola. Come me, anche Beatrice del blog Il Mondo Secondo Gipsy è affetta da una serie di intolleranze, che ha riassunto nel suo tag #Worstintravel: nella sua lista c’è tutta una serie di comportamenti altrui che addirittura la manda in bestia.
Come me, anche Ilaria di Viaggio Con La Fotografia e Giulia di Viaggiare con gli Occhiali sono poco tolleranti in alcune circostanze: leggendo le loro liste mi sono ritrovata d’accordo con tutti i punti. Le ringrazio per avermi invitata a partecipare e a riflettere sulle cose che scatenano la belva che è in me quando sono in viaggio, facendo trasformare il tranquillo Bruce Banner che è in me nell’incredibile Hulk.
L’aeroporto: questo mondo sconosciuto
Capisco che molte persone non siano abituate a viaggiare, ma è possibile che alla cara signora di fronte a me al controllo bagagli nessuno dei suoi figli, nipoti, parenti, abbia spiegato le norme di comportamento in aeroporto? Davvero c’è ancora qualcuno che non sa che il trolley gigante, quello che non entra nemmeno nel baule della macchina figuriamoci nella cappelliera dell’aereo, non va bene? Oppure che i liquidi non si possono portare, no signora, nemmeno se “è solo acqua, nel caso in cui mi venga sete” durante il Torino-Roma di appena 45 minuti. E che dire delle chiavi in tasca, dei due chili di moneta caduti tra la fodera e l’orlo del cappotto, e che ora bisogna riversare nel piccolo vassoio di plastica facendo passare ogni singola moneta attraverso il minuscolo foro nella tasca?

Ma i peggiori sono quelli che “Oddio, ma serve la carta di identità anche per il bambino?” No, tranquilla, in questo aeroporto siamo favorevoli al traffico di esseri umani e ai rapimenti, per cui passi pure con il piccolo senza documenti. In questi casi vorrei prendere la cintura dei jeans e avvolgerla intorno al collo della persona davanti a me nella fila e stringere forte forte. Ma così rischierei di non partire nemmeno io. Come disse una volta una mia ex collega siciliana riferendosi a un americano che sembrava non apprezzare le bellezze del nostro paese: “Se non sai cosa fartene, allora RESTATIACCASA”. Non potrei essere più d’accordo: anche in questo caso, vorrei dire al viaggiatore che non conosce le norme di comportamento degli aeroporti di restarsiaccasa.
Se hanno inventato le code, un motivo ci sarà
Devo ammettere che nove volte su dieci quelli che non rispettano la coda sono italiani. Cito letteralmente Beatrice, l’ideatrice del tag, quando dice che certi atteggiamenti “la mandano in bestia”. Quelli che saltano la coda li strozzerei, soprattutto quando se ne vantano ad alta voce con gli altri compagni di viaggio, magari urlando ai quattro venti di non avere del tempo da perdere come questi c******i in fila. Forse questi uomini (e donne, spesso) primitivi pensano che le altre persone che attendono pazientemente il loro turno per prendere il biglietto del treno, per salire sulla Tour Eiffel o per imbarcarsi sul traghetto per Ellis Island non abbiano niente di meglio da fare che attendere quasi immobili al sole o sotto la pioggia? In questi casi non riesco a fare finta di niente: quando qualcuno salta la coda io reagisco, anche se la persona in questione si trova dietro di me e, tecnicamente, io non ne sarei danneggiata.

Si tratta di una questione di principio, come nella metropolitana di Londra: se stai fermo sulle scale mobili tieniti a destra, se vuoi correre/camminare stai a sinistra. Non ti mettere a sinistra per passare prima se poi rimani più immobile delle statue dell’isola di Pasqua.
Better die without a pic than with a selfie stick
Questa intolleranza ha molto in comune con i #Worstintravel sia di Ilaria che di Giulia: la mancanza di rispetto verso l’arte del posto in cui si trova e, più in generale, verso il paese che ci ospita. Capisco la necessità e il desiderio di scattare una fotografia alla Torre di Pisa, ma è davvero necessario il selfie con un braccio allungato a sorreggere la torre pendente?
Al di là delle immagini ridicole, quello che trovo davvero insopportabile è il selfie a tutti i costi. Se da venti minuti sono ferma con la macchina fotografica ad aspettare che non ci sia nessuno davanti al soggetto da immortalare, perché il chiassoso turista giapponese si deve infilare nella mia inquadratura con il suo iPhone con bastone telescopico e rovinare la mia foto facendo il segno della vittoria? Altre volte addirittura penso che sarebbe meglio non farselo affatto, il selfie: per rispetto, per decoro. Perché certe cose bisogna saperle osservarle senza necessariamente doverle condividere sui social. Ho trovato molto sgradevole a Berlino il gruppetto di ragazze russe in posa ammiccante di fronte a quello che resta del muro: mi sembra totalmente irrispettoso considerare un pezzo della East Side Gallery come se una vetrina di Gucci. Allo stesso modo, sto trovando sempre più faticoso scattare fotografie in un ristorante: certo, anche l’occhio vuole la sua parte e tutto quanto, ma mi sto convincendo sempre più che forse il food porn non fa per me: preferisco godermi quello che ho nel piatto mangiandolo, non fotografandolo.
Parapapapa I ain’t lovin’ it
Ormai chi mi conosce lo sa: non sopporto chi in viaggio si nutre esclusivamente nelle catene come McDonald’s, Burger King, Dunkin’ Donuts, KFC e chi più ne ha più ne metta. Non sono gastro-snob, per carità: mi piace lo street food, adoro gli hot dog dello stadio durante una partita di baseball oppure i tacos preparati da un venditore ambulante. Sono curiosa, e mi piace provare cibi che non ho mai assaggiato prima. È proprio questo uno dei motivi principali che mi rende intollerante nei confronti di quelli che a New York, a Parigi, a Londra, a Caracas dicono: “Andiamo a farci un hamburger da Burger King perché è buonissimo.” Ora, so bene che non è buono ciò che è buono ma è buono ciò che piace, ma come si fa a definire buona una cosa che ha lo stesso gusto in qualsiasi paese del mondo?
Un chicken nugget servito nel McDonald’s di Piazza Castello Torino sarà identico a quello del McDonald’s di Leicester Square a Londra. Le grandi catene sono la morte della curiosità gastronomica: per questo tollero a fatica chi pretende di voler conoscere un paese ma si rifiuta di comprendere che la conoscenza passa attraverso il cibo e le tradizioni gastronomiche. Anche in questo caso la frase della mia amica siciliana ci sta benissimo: se non ti interessa assaggiare quello che la gente mangia in un certo paese, allora restatiaccasa.
Ho rispettato tutte le regole del tag, vale a dire:
- Citare l’ideatore
- Citare chi ti ha taggato
- Rispondere con almeno due cose che proprio non sopportate quando siete in viaggio, non c’è un massimo.
Rimane la regola numero quattro, quella che prevede di taggare almeno altre due persone o blog. In particolare, sono curiosa di sapere cosa manda in bestia altre amiche blogger (se siete già state nominate, abbiate pazienza):
Come sempre, chiunque abbia voglia di partecipare, si senta libero di farlo rispondendo al tag o scrivendo nei commenti quali sono le cose più insopportabili in viaggio.
Leggo con estremo piacere che il fattore aeroporto non trasforma solo il mio fegato in un bel verde Hulk! Sono in bella compagnia ^_^
Grazie per avermi taggata Silvia, citerò anch’io code/cibo&trolley ma da una prospettiva differente! 😀 😀
Da non credere la tipa della carta d’indentità per i minori! Invece ai controli una volta ho beccato un vecchietto che si è dovuto sganciare anche le bretelle…e non ti dico i minuti che ci ha messo!
“Restarsiaccasa” è fantastico…I’m Lovin’ It! 😀
A domani con i miei sassolini nella scarpa, un bacio 😉
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Pensa che una volta volevo suggerire alla società che gestisce l’aeroporto di Torino di fare delle code separate per “utenti esperti” e per “utenti inesperti”, mettendo più personale nell’ultima sezione 😉
Mi immagino i secoli che ci ha impiegato il vecchietto a togliersi le bretelle!
Ora mitornoaccasa così vado a leggere i tuoi #worstintravel!
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ahahahahahaha! No ragazzi sono troppo felice di aver avuto l’idea di questo tag! Quanto mi sto divertendo?!?
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Davvero divertente, e in più è anche un modo molto terapeutico per sfogarsi un po’ 😉
Complimenti ancora per la bella idea!
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E anche per farsi un esame di coscienza! Grazie per i complimenti!
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Silvia, come te odio le persone che non rispettano la coda! Ero a Parigi, ormai un bel pò d’anni fa, e aspettavo il mio turno di salire sulla piccola funicolare che porta a Montmartre. Un gruppo di ragazzi, italiani of course, come se niente fosse sono passati davanti a tutti al che io ho fatto notare che c’era la fila da rispettare. Oh mi hanno insultata un sacco!! Noi italiani, purtroppo, ci facciamo sempre riconoscere all’estero…per fortuna non tutti!
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Davvero, ti hanno insultata? Io al posto loro mi sarei vergognata come un ladro, chiedendo scusa in tutte le lingue conosciute! Ma la maleducazione non ha limite, a volte!
Buon weekend 🙂
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Anch’io! Eppure la maleducazione dilaga 😡
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I furbini NO..io li strozzerei dal primo all’ultimo..il furbino che salta la fila, quello che non paga il biglietto..ti dico solo che una volta mi sono vergognata io come una ladra, quando alla casa di Anna Frank, una persona che era nel gruppo con me provò in tutti i modi ad entrare senza pagare, le mancò solo di dire che era la nipote di Mubarak, poi le provò tutte! Io invece sono pro foto scema, ovviamente dove il luogo lo consente e non è in alcun modo legato a momenti indicibili della storia umana.
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Oddio, la cosa di entrare senza pagare non mi era venuta in mente! Io avevo un’amica ai tempi delle medie, che amava fare queste cose: entrare al cinema senza biglietto, “prendere” le caramelle al supermercato senza pagare, ecc. Se la avessero presa forse non si sarebbe salvata nemmeno fingendosi la nipote di Mubarak 😉
Aspetto di leggere i vostri #worstintravel 🙂
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Io per un periodo ho lavorato in aeroporto e mi sono capitati (tutti nei turni di notte) parecchi passeggeri col la faccia stralunata davanti alla prenotazione che dicono: “Ah, non era oggi il volo?” a cui tocca rispondere: “No signore, mi dispiace, era ieri”.
Me ne sono capitati anche alcuni che il volo sarebbe stato il giorno dopo… per fortuna!
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Avendo lavorato in aeroporto secondo me avresti abbastanza materiale da scrivere un libro!
Chissà la pazienza infinita che devi avere: io in coda al banco economy ho spesso assistito a scenate di passeggeri che pretendevano un upgrade in business – sulla base di quale motivo poi, non ne ho idea…
Grazie di essere passata 🙂
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Ahaha mi sono fatta delle belle risate leggendo questo post, soprattutto pensando alla singola monetina che esce dalla fodera della giacca! Ma anche quelli che si portano 300 ml di bagnoschiuma vincono… Una volta all’aeroporto di Fiumicino, prima dei controlli, mi sono avvicinata a uno degli addetti alla sicurezza e ho chiesto una bustina di plastica per metterci il mio profumo (meno di 100 ml), come da regolamento. Lui mi guarda sbarrando gli occhi e, con un accento romana al 100%, fa: “Oddio che emozione, so tre mesi che lavoro qui e ancora nun m’aaaveva chiesto nessuno!” 😀
Fantastico il “restatiaccasa”!
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Ahahahah mi immagino l’addetto alla sicurezza! Secondo me subito dopo ha telefonato a casa per raccontare della viaggiatrice che ha chiesto la bustina 😉
In effetti anche quelli con il magnum di bagnoschiuma non scherzano, come quelli che hanno fatto rifornimento di bottiglie di vino e si arrabbiano perché non possono portarle a bordo…
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Silvia the best! XD Avevo completamente dimenticato quelli che vanno a mangiare nelle catene, mamma mia che fastidio! Piuttosto un panino al supermercato guarda! Ahahahah Divertentissimo Silvia, a presto! 😀
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Sì, piuttosto meglio un panino, sono d’accordo!
Buona domenica e grazie ancora per avermi taggata 🙂
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Di nulla! E’ sempre un piacere leggerti! 😀
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L’ultima volta, di ritorno da Praga, abbiamo fatto una mega discussione in fila al check in con dei simpatici italiani che pensavano di essere i più furbi del mondo e che si sono piazzati davanti a noi in fila nonostante fossimo lì da più di mezz’ora con altre persone.
Alla fine si è scatenata una discussione e c’era chi spingeva per farli rimanere indietro.. Ad un certo punto un signore sulla settantina gli ha detto ad uno di questi tipi “ah bello, smettila di fa il simpatico, che lo abbiamo capito tutti cosa cerchi di fa!” Ahahahah è una cosa che mi manda in bestia!!!
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Ma perché, mi chiedo, quelli che vogliono saltare la coda sono sempre italiani???
Nella panetteria vicino all’ufficio ci sono sempre dei vecchietti furbetti che non hanno niente da fare eppure cercano con nonchalance di passare davanti a tutti.
Insopportabile 😉
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Fantastica la tua collega siciliana…Restatiaccasa…#mynewmotto! Ahahah!
Mi sto preoccupando perchè più leggo i post legati a questo tag e più mi scopro acida e intollerante…Vedremo che ne uscirà fuori…altro che sassolini dalle scarpe…qui usciranno macigni…ahahah!
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Ormai restatiaccasa è entrato nel linguaggio comune della mia famiglia e dell’ufficio: devo fare attenzione a non dirlo in giro 😉
Ora corro a leggere i vostri #worstintravel!
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Mentre scrivevi del selfie mi è venuta subito in mente la scena di quel gruppetto di deficienti che si è fatto un selfie di gruppo, a 56 denti, davanti alle baracche dei deportati del campo di concentramento di Dachau. E poi hai riportato la stessa cosa con le russe. Beh, consoliamoci così: condividere uno scatto simile sui social rendono evidente la loro idiozia.
Grazie per avermi nominata, ammetto che ci speravo! La mia rabbia repressa non vede l’ora di uscire XD
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Quelli che si fanno i selfie ai campi di concentramento andrebbero presi a schiaffi sulle orecchie! Comunque ho fatto fatica a non dire alle russe di farsi furbe e andare a mettersi in posa altrove.
Ho visto che hai appena pubblicato il post, sono curiosissima!
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Non sapevo se ridere per le scenette che come fai sempre sai descrivere benissimo o restare seria per non farti arrabbiare ulteriormente. Quelle tipologie di viaggiatori in partenza all’aeroporto non li ho mai incontrati (meno male, direi). I nervi per le pose di tre ore a favore di selfie… sono con te e pure la penso come te sul fatto che viaggiare passa anche per la gastronomia locale ma se c’è chi preferisce il Burger … bò, non mi interessa. Non so, della serie, son cavoli vostri. In generale, spero di imparare a diventare paziente nonostante le normali incazzature di viaggio.
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Tranquilla, ridi pure! A volte ridere aiuta a prendere le cose con più leggerezza, altrimenti in certe situazione avrei davvero dato di matto 😉
Grazie per essere passata 😘
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Ciao Silvia!…e vogliamo parlare dell’ultima successa a Roma? la turista francese che ha sfregiato il Colosseo, con tanto (cosa forse ancora più sconvolgente) di nipoti al seguito ad assistere al pregevole esempio!!
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Mio Dio che vergogna! Ma certa gente da dove arriva, dalle caverne???
Me li immagino i nipoti della donna, magari intenti a postare le foto sui social…
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“Le grandi catene sono la morte della curiosità gastronomica”. Questa frase merita di essere incorniciata! Io mi domando sempre: ma perché? Questo tag è davvero fantastico (devo rispondere anch’io nei prossimi giorni) e vedo che le cose che danno sui nervi sono molto simili fra tutte noi. La questione della fila manco io la sopporto, ma dove pensando di andare? Un po’ come quelli che in auto ti sorpassano nel mezzo di una colonna…boh!
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Forse esagero ma per me andare a mangiare sempre nelle catene di fast food senza mai voler provare altro sarebbe come andare fino a Parigi e poi non uscire mai dall’hotel.
Allora aspetto di leggere quali sono le cose che ti fanno diventare verde dalla rabbia 😉
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[…] i contributi delle altre amiche blogger che hanno già partecipato, e quindi Silvia di The Food Traveler e Giulia di Viaggiare con gli Occhiali, colei che ci ha taggato e che ringraziamo tanto, mi sono […]
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Ciao Silvia! I furbetti che saltano la fila non li sopporto nemmeno io 🙂 Una delle cose che più mi infastidiscono, però, sono quelli che ti passano davanti mentre stai per scattare una foto, fregandosene altamente pur avendoti vista! Molto carina l’idea di questo tag 🙂
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Alla fine il problema di quelli che saltano la fila o che ti si piazzano davanti nelle foto è sempre lo stesso: la maleducazione!
Dai, partecipa anche tu al tag, è molto terapeutico 😉
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Eh già, cara.
Condivido tutto, in modo particolare la questione selfie-porn o food-porn…. Questa necessità di dover sempre condividere tutto, mostrare, fotografare…. e goditi un p’ le cose, invece di fotografarle….
Che noia!
Stai scrivendo un libro di ricette e ti serve una foto esplicativa? No.
Stia lavorando ad un progetto in cui la tua faccia è necessaria in qualsiasi foto, sempre e ovunque? No.
Sai cosa ce ne frega delle tue fotografie (nel primo e nel secondo caso)? Meno di zero!
Quindi, stai pure sereno e smettila di fare foto ad catzum!!!!!!!!!
Silvia, mi sono innervosita, lo sapevo!!!
Sono troppo sensibile sul tema!
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Forse è perché sono cresciuta in un’altra epoca – come mi sento vecchia a scriverlo! – ma una volta le foto servivano semplicemente per avere un ricordo di una gita, di una giornata, di un luogo. Ora invece a molta gente la faccenda selfie è un po’ sfuggita di mano!
Dai, partecipa anche tu al tag, è terapeutico 😉
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Gli italiani e l’aereoporto, questo sconosciuto! Pensa che settimana scorsa per andare in Belgio io ho provato a far passare un deodorante da 200ml ma niente, me l’hanno buttato via. Ero consapevole delle regole ma ci ho provato lo stesso… il rischio era puzzare! ahah 😀
Vorrei soffermarmi un attimo sul cibo: anche io odio forografarlo, ma quando a casa sto sistemando le foto per gli articoli sono felicissimo se mi ritrovo con belle foto dei piatti tipici che ho mangiato: mi aiuta a “mostrare” di più la mia esperienza ai lettori, e credo che ciò sia fondamentale. Le grandi catene di fast-food le tengo per quando ho il portafoglio vuoto e non posso permettermi un pasto tipico… cosa che cerco di far accadere il meno possibile.
Ciao Silvia! 🙂
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Ciao Marco! Il deodorante da 200 ml è un po’ difficile farlo passare inosservato al controllo 😉
Anche io sono contenta quelle rarissime volte in cui spunta fuori una bella foto di cibo: il problema è che quando provo a farne una mi sento sempre come una ladra, nel senso che ho il terrore che esca lo chef dalla cucina dicendomi “cosa fai? mangia quello che hai nel piatto!” Mi vergognerei da morire in quel caso 😉
Il fast food è la soluzione perfetta per il portafoglio vuoto, il problema è quando diventa l’highlights della vacanza del tipo “non vedo l’ora di andare a Londra per mangiare da Burger King” e purtroppo ho alcuni amici che la pensano così!
Grazie per essere passato 🙂
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Mi trovi d’accordo su tutti i punti, ma vogliamo parlare di quelli che vanno al ristorante italiano all’estero? Ancora peggio di chi va nelle grandi catene secondo me!
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Ciao Roberta! Ah in effetti non mi era venuta mente quella tipologia di viaggiatori: zero curiosità nei confronti del paese che stanno visitando…
Buona serata, e grazie di essere passata 😘
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[…] è di Beatrice del blog Il Mondo secondo Gipsy, ma io sono stata invitata da Silvia di The Food Traveler e Daniela di L’Orsa nel […]
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