Stranded in Ludlow: storie dalla campagna inglese

Sono in ufficio quando ricevo un’email da Caroline: l’oggetto è Do you remember? Nel testo solo un link che rimanda a un articolo dello Shropshire Star, il quotidiano online dell’omonima regione inglese. Già il titolo non promette bene: il De Grey’s di Ludlow ha versato la sua ultima tazza di tè. Ricordo benissimo il De Grey’s: è stato la mia salvezza in un freddo pomeriggio autunnale, quando le ferrovie inglesi decisero di abbandonarmi nel bel mezzo del nulla.

Mi tornano in mente poco alla volta i dettagli di quella giornata di qualche anno fa: pranzo a Liverpool con gente di cui non ricordo i nomi, poi via verso la stazione, su un treno per Bristol, dove avrei dovuto incontrare Caroline per una cena di lavoro. Da qui, il giorno successivo saremmo partite per Londra. Tutto era calcolato con precisione chirurgica, in modo da sfruttare al massimo i minuti. Non avevo tenuto conto degli imprevisti, né della possibilità di un guasto sulla linea ferroviaria. Ma in qualche punto tra il Cheshire e lo Shropshire – che per me fino a quel momento non erano stati altro che due formaggi – il capotreno annuncia che per un problema elettrico non potremo proseguire il viaggio verso Bristol. Ci fermeremo in una stazione di cui non capisco il nome, e da qui verremo trasferiti a Birmingham in autobus. Inizio a preoccuparmi: sono le sei del pomeriggio e non ho idea di come farò ad arrivare da Birmingham a Bristol.

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Photo by Vlad Bagacian from Pexels

 

Nel frattempo il treno si ferma e poco alla volta scendiamo dalle carrozze, muovendoci come zombie lungo la piattaforma della stazione deserta. Noto il cartello con il nome del paese: Ludlow. Almeno so dove sono. Chiamo Caroline, spiegandole il problema. Non ha mai sentito parlare di Ludlow, ma pensa che sia assurdo andare a Birmingham: mi suggerisce di passare la notte nello Shropshire e di partire il mattino successivo per Londra. Non sono convinta, ma non ho altre idee. Mi guardo intorno chiedendo agli altri sventurati indicazioni per il centro della città: qualcuno scrolla le spalle, altri scuotono la testa. Mi sembra di vedere anche una o due persone ridere sotto i baffi, come a dire: davvero pensi che esista un centro in questa città? Una donna sulla cinquantina si avvicina e mi dice che il centro è a dieci minuti a piedi. Forse le faccio pena, o forse è una serial killer alla ricerca della prossima vittima, ma senza pensarci troppo accetto l’offerta di un passaggio sull’auto del marito che è arrivato a prenderla. Salgo in macchina con i due inglesi, che mi dicono di abitare a poche miglia da lì. Faccio domande sulla zona per non sembrare maleducata, e intanto spero di non finire a pezzettini nel loro congelatore.

Per fortuna la donna e il marito non sono Rosemary e Frederick West e, come promesso, mi lasciano all’incrocio tra la High Street e la Broad Street, dove c’è la piazza del mercato di Ludlow. Nonostante sia buio noto che molti edifici lungo il lato sinistro della strada sono half-timbered, ossia case a graticcio. Mi dirigo verso quella che mi ha indicato la coppia, leggendo l’insegna a caratteri bianchi sul legno nero: De Grey’s Cafè. Mi hanno assicurato che è anche un bed & breakfast, per cui entro e domando alla cameriera in divisa nera, grembiule e cappellino se c’è una stanza libera. Mi dice di sì e mi accompagna su per la scala ripida, mentre io mi domando chi mai voglia passare una notte a Ludlow. Lo scopro sul libretto delle informazioni nella mia stanza piccola ma confortevole. Mi trovo in una cittadina le cui origini risalgono al Medioevo, epoca in cui fu costruito il castello che fa da guardia alla città insieme al campanile della St Laurence Church. Leggo anche che il paese è il fiore all’occhiello della gastronomia della contea: poco lontano dal centro c’è il Mr Underhills, ristorante stellato Michelin, mentre il De Grey’s stesso è la meta preferita di Robert Plant e Keira Knightley. Se piace a loro due non vedo perché non dovrebbe piacere a me.

Ludlow
Photo by John Horton on Flickr

Rincuorata, scendo al piano di sotto e chiedo alla cameriera se servano anche la cena. Le quiche in bella mostra sul bancone mi supplicano di mangiarle, ma purtroppo il locale sta chiudendo. Mi indica il The Feathers, poco distante. È un’altra half-timbered house, ancora più spettacolare di quella che ospita il De Grey’s. Prendo posto a uno degli sgabelli lungo il bancone, accanto ai vecchietti che bevono birra e chiacchierano. Ordino una ale e chiedo il menu, ma al bar servono solo da bere: per cenare devo andare al piano superiore, dove si trova il ristorante. Finisco la birra e vado a dare un’occhiata, ma la sala mi sembra troppo formale per cenare da sola. Mi sentirei tutti gli occhi puntati addosso, per cui esco e torno sulla Old Street, alla ricerca di qualcosa di più semplice.

Trovo quello che cerco dietro una piccola vetrina dipinta di verde: The Olive Branch è un locale piccolo, con minuscoli tavolini di legno. Non sarà forse al livello dello stellato Mr Underhill, ma il lamb and apricot pie (pasticcio di agnello e albicocche) e la cheesecake sono ottimi.

Quando torno al De Grey’s un’ora dopo penso che tutto sommato potevo anche capitare in un posto peggiore. Tanto che ad anni di distanza la notizia della chiusura del De Grey’s mi riempie di tristezza. Ma chissà, forse un giorno riaprirà e, in quel caso, potrei decidere di tornare a Ludlow per mangiare la quiche che quella sera non ho potuto assaggiare.

Cover photo by Gabriela Palai from Pexels

 

16 pensieri riguardo “Stranded in Ludlow: storie dalla campagna inglese

  1. Ma quanti posti stupendi si scoprono per caso?
    Sai quanto ci piacciono i tuoi racconti, perché ci sembra di immergerci in un romanzo: sarà la tua capacità nel raccontare o tutte le assurde e bellissime vicende che ti sono capitate nel corso degli anni..ma la prossima volta, per non rischiare di perderci un’esperienza simile,ci infiliamo nella tua valigia. Avvisata! ahahah

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  2. Concordo con Lucrezia e Stefano: sembra di entrare in un romanzo anche a me ad ogni tuo racconto!
    Fossi in te non pubblicherei in post ma in veri e propri racconti stampati. Io lo acquisterei subito!
    Anzi, prenoto sin da ora la mia copia autografata 😀

    PS: Silvia perchè ho come l’impressione di aver avuto un deja vu? Questa cosa non mi farà dormire stanotte 😉

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    1. Wow, che complimentone! Dovrei parlarne con la mia amica ed ex collega che aveva già avuto l’idea del libro con le disavventure con il mio vecchio capo!
      Il deja vu sarà dovuto alla formula magica “do you remember” proprio nelle prime righe 😉

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  3. Mi sono riconosciuta nelle tue avventure perché spesso scopro luoghi inattesi che restano nella memoria grazie a un caffè, un incontro, un dettaglio… Che bello leggere questi racconti e immaginarsi – oggi che il cielo è nuvoloso – davanti a un camino in una tearoom nella campagna inglese!

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  4. Ma no, che triste 😦
    Continuo a pensare che tu scriva molto bene, sai trasmettere precisamente le sensazioni e far appassionare chi legge alle storie che racconti. In questo caso sembra l’incipit di un romanzo molto british. Bisognerebbe coinvolgere Keira in una petizione per riaprire il De Grey’s! 🙂

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