Dopo la sera del 31 ottobre trascorsa a Moorsfiled Manor, non riuscivo a smettere di pensare a ciò che era successo durante il mio soggiorno in quella struttura nel bel mezzo del nulla della campagna inglese. Impossibile anche togliersi dalla testa la conversazione del mattino successivo con Agnes, la proprietaria del Bed & Breakfast in cui avevo trascorso quella che era stata la notte più insolita dell’anno e, senza dubbio, la più inspiegabile di sempre.
Subito dopo colazione, avevo lasciato Moorsfield Manor senza essere riuscita a convincere Agnes a raccontarmi qualcosa in più sugli strani eventi delle ore precedenti. Chi era la misteriosa ragazza che avevo visto nel cuore della notte nella sala da pranzo del vecchio maniero? Cosa c’era all’origine dei rumori che mi avevano svegliato? Dopo avermi detto che la giovane donna e la bambina erano tornate, si era limitata ad invitarmi ad andarmene, senza altre spiegazioni.

Nei giorni successivi, ero stata occupata dagli impegni di lavoro nel Regno Unito, e non avevo avuto occasione di approfondire la questione. Una volta rientrata in Italia, le ricerche online avevano dato scarsi risultati dato che le informazioni su Moorsfiled Manor erano pochissime. L’edificio era stato costruito secoli prima e poi era passato da un proprietario all’altro, fino a quando era diventato un Bed & Breakfast, gestito dalla metà degli anni Novanta da Agnes Connolly. C’erano stati due eventi nefasti oltre cento anni prima, che avevano causato la morte per annegamento di Esmé e di Edith, figlie di Lord Ashford, all’epoca proprietario del maniero. Senza dubbio si trattava della ragazza e della bambina che tanto avevano spaventato Agnes. Dunque una delle due era la persona che avevo visto e con cui avevo parlato quella notte della sala da pranzo? Se così fosse, doveva trattarsi di un fantasma, ma si sa che non esistono. Nessuno di noi crede ai fantasmi, fino al momento in cui ne vede uno. In ogni caso devo esserne certa: gli eventi di quella notte sono stati il frutto della mia immaginazione, e voglio verificarlo.
Per oltre un mese, quasi ogni giorno scrivo ad Agnes chiedendole spiegazioni, ma le mie email rimangono senza risposta. Provo anche a telefonarle, ma quando riconosce la mia voce, attacca immediatamente. La mia insistenza rasenta lo stalking, e forse è per questo motivo che mi blocca sul cellulare. Ma io trovo il modo di aggirare l’ostacolo. Decido di approfittare delle vacanze di Natale, che trascorrerò a Manchester da una coppia di amici, per fare una tappa ad Upper Berwick. Creo un account email con un nome falso, e uso a garanzia della prenotazione la carta di credito aziendale. Per fare le cose per bene, visto che la ditta per la quale lavoro ha un nome francese, fingo di essere Sophie Blanchet, residente ad Antibes. Tutto fila liscio. Ricevo la conferma della prenotazione e, qualche giorno prima di Natale, mi trovo per la seconda volta alla fermata del bus lungo la via principale di Upper Berwick.

La cittadina è addobbata con luci colorate e alberi di Natale, ma l’atmosfera festiva non mi contagia. In fondo so che avrei fatto meglio a rimanere a casa o ad andare direttamente a Manchester, dimenticando tutta questa storia, ma non riesco a darmi pace.
Quando suono il campanello, Agnes mi riconosce all’istante. Lo vedo sul suo volto: il sorriso che si forma sulle labbra mentre apre la porta scompare subito, lasciando posto allo stupore prima, e a un’espressione di incredulità subito dopo.
“Go away!” sibila. Ma non ho intenzione di andarmene. Non quando fuori è buio, non dopo aver fatto tutta questa strada per saperne di più. La supplico di farmi entrare, promettendole di fermarmi solo una notte. Voglio delle spiegazioni, e poi non mi vedrà mai più, né sentirà più parlare di me. Sembra combattuta, ma alla fine mi lascia entrare. Mi porge la chiave della stanza Rosebay, ma questa volta non mi mostra la strada.
Mezz’ora dopo siamo sedute in sala da pranzo, davanti al camino dove poco più di un mese fa ho incontrato la ragazza misteriosa in camicia da notte. Agnes è seduta sullo stesso divano, mentre io ho preso posto sulla poltrona accanto, come a ottobre. Ci sono due tazze di tè sul tavolino di fronte a noi, e la padrona di casa mi invita con un cenno a bere. L’oscurità è quasi completa. Le tende di velluto scuro sono chiuse, per tenere lontano dalla stanza il freddo della notte di dicembre – e forse non solo quello.

Agnes è rivolta verso il camino, e la scarsa illuminazione non mi permette di vederla in faccia. Rimane in silenzio per diversi minuti, poi inizia a parlare sottovoce. Devo spostarmi in avanti sul bordo della poltrona per sentirla meglio, con il fuoco che crepita nel camino e che quasi copre il suono delle sue parole.
“Non è una storia allegra, questa. Vuoi davvero sentirla? Non sono nemmeno sicura di volerla raccontare.” Ma inizia comunque.
Esmé Ashford era la figlia diciottenne di Lord Ashford, che viveva a Moorsfield Manor insieme alla moglie. Conducevano una vita tranquilla e senza sorprese, fino alla sera in cui, davanti all’ingresso di servizio, la domestica trovò una bambina. Avrà avuto cinque o sei anni, ed era vestita di stracci. Fuori faceva freddo e pioveva e, senza pensarci due volte, la donna decise di portarla in cucina. Mandò a chiamare Lady Ashford, che le fece preparare un bagno caldo in quella che era stata la nursery di Esmé. La bambina parlava una lingua incomprensibile, e non seppe spiegare da dove arrivasse né cosa le fosse successo. Non fu nemmeno in grado di dire quale fosse il suo nome, o comunque le persone che la accolsero al maniero non lo capirono.
Nessuno venne a reclamarla. Nel giro di qualche mese, la piccola, ribattezzata Edith, divenne parte della famiglia Ashford. Da quel momento iniziò l’incubo. La bambina, estremamente dotata e intelligente, imparò l’inglese in breve tempo, ma rimase una creatura selvatica come il primo giorno. Rifiutava di indossare le scarpe, andava in giro con i vestiti strappati, si ribellava all’istitutrice e si comportava in maniera irrispettosa nei confronti dei genitori adottivi. Ma il suo bersaglio era Esmé, la sorella. Edith dormiva poco la notte, e trascorreva le ore girovagando per il maniero a combinare guai. Al mattino, in casa si trovavano dipinti rovinati, vasi di porcellana rotti e sedie rovesciate a terra. Si divertiva a entrare di soppiatto nella stanza della sorella, cantandole all’orecchio una vecchia filastrocca per bambini che nessuno sapeva dove avesse imparato.
Down by the river where the green grass grows,
there sits Mary washing her clothes.
She sings, she sings, she sings so sweet.

“Probabilmente i medici e gli psicologi direbbero che era una bambina sociopatica, senza sensi di colpa, con comportamenti violenti e manipolativi,” aggiunge Agnes. “Ma, all’epoca, tra gli abitanti di Upper Berwick, iniziarono a circolare delle voci. Si diceva che siccome parlava una lingua che sembrava dell’Est Europa, dovesse essere la figlia di un vampiro. Alcuni la chiamavano addirittura la piccola strega.”
Le cose precipitarono il pomeriggio del 31 ottobre, quando il gatto di Esmé venne trovato senza vita nella stanza della ragazza. Edith negò ogni responsabilità, ma nessuno le credette. Qualche ora più tardi, nel bel mezzo della notte, Esmé bussò urlando disperata alla porta principale. Le aprì la domestica, seguita dagli Ashford: nessuno si era reso conto che avesse lasciato la casa. Indossava solo la camicia da notte, ed era bagnata fradicia. Venne portata di peso davanti al camino della sala da pranzo, dove iniziò a ripetere le stesse parole: è stato un incidente. Ben presto i genitori riuscirono a mettere insieme i pezzi. La piccola Edith aveva di nuovo svegliato Esmé nel cuore della notte bisbigliandole la sua filastrocca nelle orecchie e invitandola a uscire di casa.
“Vieni con me giù al ruscello, voglio andare a giocare.”
Perché Emsé decise di seguirla non è dato sapere, ma sta di fatto che qualcosa andò storto. Dopo essere scivolata sul greto fangoso del ruscello, Edith venne risucchiata dai flutti, senza riuscire a tenersi a galla. O, almeno, questa fu la versione data da Esmé.
“Credi che gli Ashford fossero distrutti dal dolore?” domanda Agnes, con gli occhi rivolti verso il camino. “Io penso di no. Secondo me hanno provato sollievo per essersi finalmente sbarazzati di quella ragazzina infernale.”
Annuisco. È probabile che sia come dice lei, anche se è terribile pensare alla piccola Edith mentre scompare sotto l’acqua del ruscello.
“Un incidente. Sostennero sempre che si fosse trattato di un incidente. Ma ancora oggi, le poche persone che hanno ancora il coraggio di parlare di quella storia, ti direbbero che è stata Esmé ad annegarla,” aggiunge. “Come biasimarla, dopo tutto quello che ha dovuto sopportare?”
Non è facile condividere questo punto di vista. Cosa c’è di più devastante della morte di una figlia?
“La morte di un’altra,” osserva Agnes.
Da quella notte, Esmé perse il senno. Smise quasi di mangiare, e iniziò a vivere in un perenne stato di apatia. Aveva incubi in continuazione, e sosteneva che la notte la sorella adottiva entrasse in camera sua per cantarle quella filastrocca. Più volte, nei mesi successivi alla morte di Edith, Esmé venne ritrovata sulla riva del ruscello da stallieri, domestici, abitanti del villaggio. Tutti la conoscevano, e ognuno di loro cercava di convincerla a rientrare al maniero. Quando le domandavano cosa facesse al ruscello, lei non faceva che ripetere che si era trattato di un incidente.
“Impazzita, divorata dai sensi di colpa, chi lo sa? Sta di fatto che dopo un paio di mesi, appena qualche giorno prima di Natale, anche Esmé annegò nel ruscello. Si è buttata, è scivolata? Chi lo sa?” domanda Agnes a nessuno in particolare. “Qui, la gente di Upper Berwick si era convinta che quel piccolo demonio di Edith fosse tornata e l’avesse convinta a seguirla sott’acqua.”

Agnes smette di parlare. Due sorelle dunque, non madre e figlia come avevo pensato, entrambe morte annegate. Mi sembra di sentire la corrente fredda sulle braccia, la superficie del ruscello che diventa sempre più pesante sulla testa, mentre la riserva d’aria nei polmoni si esaurisce velocemente.
“Da allora, è capitato che la ragazza e la bambina si facessero vedere qui a Moorsfield Manor. Quando succede non è mai un buon segno,” dice voltandosi per la prima volta verso di me, quasi con rabbia, come se io fossi la responsabile della ricomparsa di Esmé e di Edith. “Non succedeva da anni.”
Rimaniamo in silenzio per un po’, guardando la brace nel camino. Nessuna di noi due si è alzata per mettere altro legno, e ormai il fuoco si sta spegnendo. Ci pensa il suono del campanello della porta principale a riscuoterci dal torpore.
“Aspettavi qualcuno?” domando ad Agnes.
Mi fa cenno di sì con la testa.
“Una coppia di tedeschi.” Non sembra però volersi muovere dal divano. Forse è troppo provata dopo avermi raccontato la storia del maniero. Decido di prendere l’iniziativa: quei due poveretti non possono morire di freddo là fuori. Attraverso la sala da pranzo e procedo a tentoni nell’ingresso, cercando di ricordare la posizione dei lucchetti. Li faccio scattare con un rumore metallico che rimbomba nell’atrio. Apro la porta, ma non c’è nessuno.
Agnes mi ha raggiunta, ed è sorpresa quanto me.
“La senti anche tu?” mi domanda guardandosi intorno e richiudendo la porta.
La sento anche io. È la voce distante di una bambina che canta:
Down by the river where the green grass grows,
there sits Mary washing her clothes.
She sings, she sings, she sings so sweet.
Niente di quello che ho scritto sopra è mai successo, per fortuna. È il frutto della mia fantasia e delle immagini di tanti libri e film che mi hanno terrorizzato negli anni e che spero vi faranno provare qualche brivido di paura.
Ma è bellissimo il seguito! Mi ero rassegnata ad aspettare il prossimo 31 ottobre e invece ecco un bel racconto “natalizio”, di quelli che piacciono a me! 😀 Comunque il finale è apertissimo, perché proprio i due tedeschi? E perché la protagonista (tu) riesce a sentire la filastrocca? C’è un legame con quella bambina, magari un’antenata, o è solo una spiccata “sensibilità”? 😉 Ammetto senza vergogna di essere andata a cercare Moorsfield su Google Maps, speravo segretamente che non fosse del tutto una tua invenzione 😛
Bello bello, qui ci scappa il romanzo, Silvia! ❤
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Ah ah non sono l’unica allora a cui piace questo genere di racconti natalizi!
Ti dico una cosa: non avevo pensato ai tedeschi come scelta particolare, né a un eventuale legame con la bambina. Mi hai dato due ottimi spunti!
Eh purtroppo Moorsfield Manor non esiste 😂
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Io ti prego di farne un libro. questa storia è talmente accattivante, ben scritta e coinvolgente che ti fa rimanere con gli occhi incollati allo schermo fino all’ultimo rigo. Continua creando qualcosa anche intorno ai due tedeschi ti prego… voglio vedere come va a finire.
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Ho un paio di spunti per il seguito, magari tra qualche mese scriverò una nuova puntata 😉
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Ma sei bravissima a scrivere e raccontare questo tipo di storie! Tutto sembra molto reale e riesci a mantenere la suspence del lettore fino all’ultima riga. Dovresti coltivare questo tuo talento e scrivere un romanzo!
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Un’opportunità che mi piacerebbe tantissimo! In alternativa continuerò a scrivere altre puntate qui 🙂
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Un bellissimo racconto, degno di un buon fantasma di Natale che si rispetti, davvero complimenti!
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Grazie Sara, lo apprezzo!
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Silvia, sei davvero brava con questo genere di storie. Hai già provato a scriverne una interattiva su The Incipit? Un mio libro era nato proprio così per gioco…
Il seguito del racconto è coinvolgente e il finale apertissimo. Aspettiamo ulteriori sviluppi della vicenda.
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Non conoscevo The Incipit e ti ringrazio per il suggerimento.
Come si chiama il tuo romanzo?
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Su The Incipit sono nati due dei miei libri: “Demetrio ha gli occhi azzurri” e “La bicicletta rossa”. Sul blog racconto qualche curiosità in più su questi e gli altri libri che ho scritto.
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Grazie 😊
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Non sai quanto mi piacciono le case stregate e le storie di vecchi fantasmi! Brava, bravissima… adesso però devi scrivere il seguito! Non posso mica rimanere così senza sapere cos’è successo ai tedeschi!
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Anche a me piacciono molto! Chissà questi tedeschi chi sono in realtà e cosa capiterà nella prossima puntata…
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Mai pensato di scrivere un libro? Già dagli altri articoli si capivano le tue doti stilistiche, ma qui ancora di più!
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Eh sarebbe bellissimo!
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Non avendo letto la prima parte, sono rimasta a lungo col dubbio se parlavi di qualcosa che ti era davvero accaduto : )) !! Complimenti per il talento letterario!
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Oddio, per fortuna no! Grazie Marina ☺️
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Caspita, pensavo ti fosse accaduto davvero!! Mi sono venuti i brividi, sei brava a raccontare queste storie. Complimenti per il bel racconto, aspetto un altro articolo con il seguito 😁
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No, no per fortuna è solo un racconto di Natale 😅 Sto lavorando al seguito!
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Sono felicissima che tu ci abbia regalato un seguito, Silvia. Secondo me questo racconto è pronto per essere stampato. Attendiamo i prossimi sviluppi.
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Grazie, mi fa piacere che ti sia piaciuto 🙂
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Sai che speravo nel seguito ma non pensavo potesse essere meglio del precedente. Ho apprezzato l’atmosfera che sei riuscita a creare davanti il camino acceso mentre Agnes raccontava la storia e il finale aperto. Davvero bravissima, Silvia!!
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Grazie ☺️
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Racconto davvero bellissimo e ben scritto! Adoro storie di questo genere! 😍
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Grazie Alessia 🙂
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