In Viaggio Col Capo: le figuracce del boss (secondo capitolo)

Chi era il mio ex capo? Anzi, chi è, per la precisione, visto che lotta e combatte ancora con noi. Il verbo al passato si riferisce al fatto che non è più il mio boss da oltre dieci anni, grazie al cielo. Ma torniamo a noi. Immaginate il fondatore, presidente e CEO di un’associazione con sede in Italia ma che opera a livello internazionale. Immaginate un uomo di una certa età, con barba e capelli bianchi e con l’abbigliamento classico che si addice a un intellettuale di sinistra.

A questo punto starete pensando a una persona con modi garbati, abituata a muoversi in giro per il mondo e a rapportarsi in maniera gentile con i più. E qui vi sbagliate di grosso. Perché lui è sì abituato a viaggiare da un paese all’altro per undici mesi all’anno, ma i modi garbati e la gentilezza non sa cosa siano. La maggior parte delle volte che l’ho accompagnato in una delle trasferte o a qualche incontro, ha sempre avuto la delicatezza di un elefante.

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Ricordate i regali che i suoi ospiti preparavano amorevolmente per accoglierlo e che lui ogni volta dimenticava? O le tremende figuracce fatte durante i suoi viaggi?

Non è tutto, perché ogni tanto me ne tornano in mente altre.

Le figuracce del boss: il ripostiglio delle scope della New York University

A un certo punto della sua carriera il capo decide di scrivere un libro, e decide che dovrà diventare un best seller (spoiler inutile: non lo diventerà mai). A questo punto, costringe noi sottoposti della sede italiana e di quelle all’estero a organizzare un book tour da far impallidire Ken Follett. Vengo incaricata di coordinare la presentazione a New York, e mi metto subito al lavoro con i colleghi dell’ufficio di Brooklyn. Incredibile ma vero, riusciamo ad ottenere una sala conferenze da duecento posti alla New York University. Nello scambio di email con gli addetti della NYU e con i colleghi americani, il boss riceve i messaggi in copia. Peccato che l’idea non gli piaccia, e peccato che decida di cliccare su rispondi a tutti invece che solo a me.

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Ma, soprattutto, peccato che da vero boomer scriva in stampatello, dicendo che si rifiuta di fare una presentazione in quello che secondo lui è “il ripostiglio delle scope della New York University”. La maggior parte dei colleghi americani non capisce l’italiano e, molto probabilmente, nemmeno i tizi della prestigiosa facoltà, però chissà se per curiosità avranno fatto copia e incolla del testo dell’email su Google Traduttore. Non lo saprò mai, e ovviamente il progetto venne cancellato.

Le figuracce del boss: che piacere conoscerla!

Il boss non ha mai avuto buona memoria né per i nomi né per la fisionomia delle persone. Per intenderci, la maggior parte della volte si rivolgeva a me chiamandomi gioia. Non perché pensasse che io fossi degna di questo vezzeggiativo, ma perché non si ricordava come mi chiamassi. Altre colleghe e colleghi erano tesoro, caro, ragazzo, e via dicendo. Questo fa capire quanto tenesse in considerazione noi sottoposti, nonostante facessimo del nostro meglio per trasformare ogni suo desiderio in realtà.

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Quasi sempre questa abitudine ci strappava una risata, e forse qualcuno si offendeva. Il peggio però accadeva ogni volta a una una ragazza che lavorava con noi da due o tre anni e che era incaricata di seguire alcuni progetti in Scandinavia. Quando la malcapitata accompagnava al cospetto del boss i referenti norvegesi e svedesi per discutere i progressi delle iniziative nei loro paesi, lui si presentava con una vigorosa stretta di mano, dandole il benvenuto. Ogni volta lei rispondeva sotto i baffi: “Sono Elena, lavoro qui.” Lui, con nonchalance, proseguiva con il giro delle presentazioni.

Le figuracce del boss: i pantaloni sartoriali con vista

Da vero antesignano dello stile quiet luxury, il boss amava un tipo di abbigliamento di classe e senza tempo, elegante e non vistoso. Pantaloni e giacche sartoriali in frescolana, camicie su misura e maglioncini di cashmere con lo scollo a V e le toppe sui gomiti. Sempre in colori neutri tra il nero, il grigio, il marrone e il beige. Uno stile classico e sobrio, adatto a tutte le situazioni. Sia che dovesse rimanere in ufficio, sia che dovesse partecipare a un evento importante, quella era la sua divisa. Adatta per una riunione con i colleghi, ma anche per un pranzo di lavoro al consolato italiano di Londra.

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Photo by Yasamine June on Unsplash

Anche questa volta sono con lui in trasferta, insieme al mio collega R., che si accorge dello strappo lungo la cucitura dei pantaloni mentre ci registriamo in hotel. Il boss è davanti a noi al bancone della reception, e R. mi fa notare lo squarcio sul fondoschiena del capo. Ci attardiamo, in modo da rimanere da soli e discutere il da farsi. Dobbiamo dirglielo? Io no di certo, ma forse R., in quanto uomo, è più indicato. Potremmo fargli notare che in ogni camera c’è un set per il cucito, ma sappiamo che non funzionerebbe e che ci prenderebbe per due imbecilli (probabilmente già lo pensa). Sperando che si cambierà nel tempo che abbiamo disposizione prima di incontrare il console, decidiamo di non dire nulla. Ma quando sale sul taxi davanti a noi abbiamo una bella visuale sul suo derrière offerta dai pantaloni con vista. Se ne saranno accorti i nostri ospiti al consolato? Probabilmente sì e, come noi, hanno deciso di far finta di niente.

Illustrazione di Stefano Tenti – In World’ Shoes: tutti i diritti riservati all’autore

20 pensieri riguardo “In Viaggio Col Capo: le figuracce del boss (secondo capitolo)

  1. Una peggiore dell’altra, ma nulla batte il rispondi a tutti con la battutaccia del ripostiglio delle scope. Fossi stata nei panni della collega, io gli avrei risposto ”piacere, io sono Gioia Tesoro” 😛 Avrebbe colto secondo te? Comunque difficilmente per oggi riuscirò a dimenticare l’immagine del derrière con vista. Posso dire tuttavia di aver avuto un moto di pietà? Un po’ mi è dispiaciuto per lui e per il libro che non è mai diventato un successo editoriale 😛 Sempre divertentissima la rubrica in cui condividi i ricordi della tua precedente vita lavorativa 😉

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    1. “Piacere, io sono Gioia Tesoro” mi fa morire 😂 Ma forse non avrebbe colto il messaggio, conoscendolo. Per me niente pietà: i pantaloni strappati sono la giusta punizione per i modi in cui ha trattato buona parte delle persone che lavoravano con lui!
      Pensa che tutti i dipendenti sono stati “invitati” a leggere tutto il libro: non avevo fatto tanta fatica dai tempi della Divina Commedia…

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  2. Il livello del tuo ex capo è davvero imbarazzante, dal non sapere come rispondere un email allo scrivere in stampatello e definire una qualsiasi sala della NYU un ripostiglio per le scope al non ricordarsi neanche i nomi dei suoi collaboratori. Le basi proprio.

    Però sarei curiosa di capire se almeno una volta in hotel, finita la cena con gli ospiti al consolato, si sia reso conto dello squarcio dei pantaloni. Un po’ d’aria dovrà averla pur sentita, no?

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  3. Oddio quella delle mail in calce è il mio tallone di Achille. Posso capire il tuo capo e credo che prima o poi farò la stessa figuraccia. Io sarei però curiosa di sapere se il tuo capo legge i tuoi articolo a lui dedicati!

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  4. Mi erano mancati i racconti sul tuo capo!! Spero che un giorno ti deciderai a rivelarci il suo nome, metti caso a qualcuna capitasse d’incontrarlo! Io però l’avrei avvertito dello sgarro nei pantaloni, strano che quando se ne è accorto non se la sia presa con voi.

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    1. Ho troppa paura a rivelare il suo nome: se mai dovesse scoprirlo verrebbe a cercarmi e a farmi una scenata!
      Se ne sarà accorto una volta arrivato in camera, ma penso che abbia deciso di non dire niente perché altrimenti avrebbe dovuto ammettere di aver fatto una figuraccia 😂

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  5. Oddio che personaggio! E purtroppo ce ne sono diversi così, persone che una volta raggiunto un certo livello professionale si sentono il Padre Eterno, concedendosi certi scivoloni.
    Ho avuto un capo sullo stesso filone così anche io…
    Per fortuna però occupandomi della parte amministrativa dell’azienda non me lo dovevo sorbire se non in ufficio e solo in determinati momenti della giornata!
    La cosa buffa è che vengono presi in giro da tutti e non se ne rendono conto!

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    1. Allora mi puoi capire! In certi momenti può essere quasi divertente, ma in certi altri un personaggio del genere diventa davvero insopportabile. Hai ragione: noi facevamo anche la sua imitazione in ufficio, ma probabilmente quando si è così arroganti non ci si rende conto di quello che pensano gli altri!

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  6. Adoro questa tua rubrica e ogni volta che ti assale un nuovo ricordo mi fai morire dal ridere. Certo, rido perché non ero io al tuo posto con uno che Miranda Priestely gli fa un baffo. Non ricordare i nomi delle persone che lavorano per te è un gesto di disprezzo e di alterigia che non sopporto quindi la cena con il console con il fondoschiena al vento ben gli sta

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  7. E pensa che non c’è nemmeno bisogno di andare in viaggio con il capo perchè questi ti regali figure incredibili, basta fare la contabile…

    Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: moduli da combattimento in fiamme al largo dei bastioni dell’Agenzia Entrate, e ho visto i raggi dei misuratori laser balenare nel buio vicino alle porte del Catasto. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,come inchiostro su moduli in triplice copia mai compilati.

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