Racconti del 31 ottobre: il mistero del passo Dyatlov

Non è un fatto avvenuto la notte di Halloween, ma essendo più spaventoso di qualunque altro racconto dell’orrore che io abbia mai sentito, è perfetto per questo appuntamento con i #Raccontidel31Ottobre. È una storia che mi ha tolto il sonno per un paio di notti, e che ha per protagonisti nove ragazzi tra i venti e i trentacinque anni morti in una notte terrificante in circostanze misteriose, al punto tale che ancora oggi, oltre sessant’anni dopo, non si sa con esattezza cosa sia successo. 

Nell’inverno del 1959, un gruppo di studenti e neolaureati dell’Istituto Politecnico degli Urali decide di raggiungere con gli sci di fondo il monte Gora Otorten. Sono tutti escursionisti esperti e ben attrezzati, ma né l’esperienza né l’equipaggiamento serviranno a salvarli. Una settimana dopo la partenza, moriranno tutti insieme, nella stessa notte, in circostanze misteriose.

Ma andiamo con ordine. La comitiva, composta inizialmente da otto uomini e due donne, arriva in treno a Ivdel e da qui prosegue in camion fino al villaggio di Vizhay. Dopo due giorni gli escursionisti si mettono in marcia verso il monte Gora Otorten, nella parte settentrionale dei Monti Urali. Raggiungono l’altopiano il 31 gennaio e da qui si preparano per la scalata finale. A questo punto sono solo in nove perché il decimo compagno è costretto ad abbandonare la spedizione per motivi di salute. Le tappe del viaggio sono documentate dai diari rinvenuti nella tenda e dalle fotografie: un gruppo competente e affiatato che a quel punto dell’avventura non avrebbe mai immaginato di incontrare la morte lungo il cammino.

La giornata 1° febbraio del 1959 inizia male: i giovani escursionisti raggiungono il passo dell’Otorten ma una tempesta impedisce loro di avanzare. Hanno perso l’orientamento, così decidono di fermarsi e di accamparsi per la notte. Senza punti riferimento, non sono consapevoli di trovarsi sul monte Kholat Syakhl, che in lingua indigena mansiy significa montagna della morte.

Hikers mountain snow
Image by aatlas from Pixabay

Nella notte succede qualcosa di inspiegabile. Nessuno dei nove ragazzi vedrà l’alba del 2 febbraio, e nessuno tornerà a casa. I loro cadaveri verranno ritrovati tempo dopo: i primi cinque dopo qualche settimana di ricerca, mentre per i restanti quattro bisognerà aspettare fino a maggio. Si potrebbe pensare a un incidente di montagna, uno di quelli che purtroppo capitano spesso anche agli escursionisti più esperti. Il maltempo e la temperatura di trenta gradi sotto zero sembrerebbero una spiegazione plausibile, così come l’attacco da parte di un branco di orsi che potrebbe aver sorpreso il gruppo nel sonno. Queste sono le ipotesi iniziali.

Ma il ritrovamento dei primi corpi fa capire ai componenti della squadra di recupero che c’è qualcosa che non va nelle loro congetture. A partire da quello che rimane della tenda, fatta a brandelli non dall’esterno ma dall’interno. Non è stato un orso ad aggredire i giovani, che dunque non si sono rifugiati dentro la tenda ma hanno provato a scappare da un pericolo che a quanto pare era proprio all’interno. I corpi non sono tutti insieme, dato che i primi due vengono ritrovati non lontano dall’accampamento, mentre altri tre sono nella boscaglia poco distante. Hanno una cosa in comune: non hanno indosso i vestiti e sono senza scarponi. Come se fossero scappati in fretta e furia dalla tenda, senza avere il tempo di indossare nulla. 

Gli altri quattro corpi verranno trovati solo a maggio in un dirupo poco distante. A differenza dei compagni, sono in parte vestiti. Le autopsie eseguite dal medico legale non aiutano però a fare chiarezza sul perché i cadaveri presentino fratture delle ossa craniche e della cassa toracica causate da un trauma molto violento, compatibile con un incidente d’auto. Inoltre, alcuni hanno ustioni alle mani e presentano un alto livello di radioattività, mentre una delle due donne viene ritrovata senza occhi, senza lingua e senza una parte di mascella.

Dyatlov pass map
Image by Merikanto on Wikimedia Commons

Le indagini verranno chiuse tempo dopo senza una spiegazione convincente: ufficialmente i componenti del gruppo sono “morti per una forza misteriosa e sconosciuta”. Le ipotesi fatte dai vari studiosi sono diverse, e in qualche modo sono state tutte confutate, sia le più ordinarie che le più fantasiose. 

La prima teoria, quella dell’ipotermia, è stata scartata quasi subito dato che non spiegherebbe perché alcuni escursionisti siano scappati con i vestiti e altri solo con la biancheria intima. Difficile supporre che a trenta gradi sotto zero qualcuno avesse pensato di dormire senza indumenti. C’è tuttavia chi sostiene l’ipotesi del paradoxical undressing, ovvero una situazione che porta un soggetto confuso e disorientato per via delle basse temperature a provare un’anomala sensazione di calore. Da qui, la necessità di togliersi gli strati di abiti. Ma di nuovo, è possibile che solo una parte del gruppo ne sia stata vittima?

Alcuni hanno ipotizzato un attacco esterno, da parte di animali o addirittura di esseri umani. Quello del branco di orsi affamati che ha strappato la tenda, messo in fuga e ucciso i ragazzi è stato escluso da subito per il fatto che, come è apparso alla squadra di recupero, la tenda era squarciata dall’interno. Per quanto riguarda l’attacco umano, per un po’ si è pensato di attribuire la responsabilità ai Mansiy, un popolo di raccoglitori-cacciatori che vive da tempo immemore sugli Urali. Non c’erano però altre impronte nella neve se non quelle dei nove escursionisti, e comunque la natura delle lesioni rinvenute sui corpi non è compatibile con un trauma causato da un essere umano.

Si è  anche parlato di un esperimento in una vicina centrale nucleare, che spiegherebbe la radioattività presente sui cadaveri e sugli oggetti. Tuttavia, i livelli non erano uguali su tutte le vittime e, a quanto pare, non tali da giustificarne la morte. In ogni caso, nemmeno la teoria nucleare spiega le ferite. 

Dyatlov_Pass_incident
Photo by Dominkmatus on Wikimedia Commons

Tra le ipotesi più accreditate, rimane quella della tempesta perfetta che potrebbe essersi scatenata in quella notte di febbraio sul monte Kholat Syakhl. Non è difficile immaginare la situazione: nove ragazzi rannicchiati in una tenda al buio, lungo le pendici ghiacciate di una montagna. Fa freddo, il vento è assordante e i vortici d’aria non danno tregua. A tutto questo si aggiungono la fame, la privazione di sonno e la mancanza di ossigeno. In queste condizioni, gli escursionisti potrebbero aver temuto di essere travolti da una valanga. Potrebbero aver immaginato il rumore di una slavina, e senza pensarci troppo potrebbero essere scappati dalla tenda, squarciandola con un coltello. Si può immaginare che gli escursionisti senza vestiti siano morti quasi subito per ipotermia, e che quelli con indosso giacche e pantaloni siano arrivati fino alla vicina foresta per poi precipitare nel dirupo dove sono stati ritrovati mesi dopo. Questo potrebbe spiegare almeno in parte le lesioni da freddo, simili a un’ustione, e i gravi traumi riportati. Potrebbe, ma non fornisce una soluzione soddisfacente, perché per esempio non spiega la mutilazione della lingua e degli occhi in una delle vittime.

Sono troppe le domande alle quali non si sa rispondere. Perché si sono accampati in un luogo esposto alle intemperie anziché nella foresta? Perché alcuni erano vestiti e altri no? Perché pur essendo escursionisti esperti, alcuni sono scappati senza scarponi? Tutto fa pensare che volessero fuggire non tanto da un pericolo esterno ma da qualcosa che era dentro la tenda con loro, qualcosa di così spaventoso da spingere i ragazzi a scappare a piedi nudi.

Probabilmente nessuno saprà mai cosa è successo durante quelle ore terribili sul passo della morte, ora chiamato Passo Dyatlov dal nome del capo della sventurata spedizione. Rimarrà soltanto una lapide con le fotografie di nove ragazzi sorridenti.

Cover photo by Giacomo Berardi on Unsplash

#RaccontiDel31Ottobre è un’iniziativa di Orsa nel Carro

32 pensieri riguardo “Racconti del 31 ottobre: il mistero del passo Dyatlov

  1. Ma è orribile quello che è successo a questi poveri escursionisti, hai ragione è decisamente più spaventoso di un racconto dell’orrore!
    Ho cercato le foto in rete, e guardare le loro espressioni sorridenti è veramente una botta. Possibile che a nessuno venga in mente di riaprire il caso per risolvere il mistero con le metodologie moderne?
    O qualcuno non vuole che si sappia cosa ricopre la neve della “montagna dei morti”?
    Trovo veramente inquietanti i particolari della donna mutilata, le ustioni da radiazioni e poi la tenda squarciata dall’interno…
    Ti ringrazio per questa ennesima perla da inserire nella rubrica! Neanche io conoscevo questa storia, lo sapevo che mi avresti restituito il giro di brividi! 😉
    In questo istante sono sola in casa, ora vado ad accendere tutte le luci possibili e immaginabili…

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    1. A questo punto forse è la seconda ipotesi: nessuno vuole che si sappia cosa è successo. Perché altrimenti con le tecniche che ci sono ora mi sembra impossibile non riuscire ad avere le idee più chiare.
      Certi particolari tra l’altro sono veramente terrificanti – comunque questa notte non ho avuto incubi nonostante le letture di ieri 😉

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  2. Silvia, che storia pazzesca! Non ho mai sentito parlare di questi poveri escursionisti, chissà cosa è davvero capitato quella notte… Tra mutilazioni e radioattività c’è tutto l’occorrente per parlare del giallo perfetto… Chissà se hanno mai fatto film sulla vicenda, credo lo vedrei volentieri… Grazie per avermi turbata…io con queste storie ci vado a nozze 😉

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  3. Secondo me l’ipotesi della tempesta perfetta può essere la più plausibile visto che la montagna è così imprevedibile, anche per i più esperti, che non si può mai dare nulla per scontato. Tra l’altro sarebbe anche quella che andrebbe a spiegare molti degli aspetti di questa tragedia.

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  4. Pazzesca questa storia! Concordo anch’io sul fatto che l’unica spiegazione minimamente logica sia quella della tempesta perfetta, si giustificherebbe anche il fatto dei vestiti, quelli senza vestiti potrebbero essere stati vittima dell’ipotermia e quindi provare una sensazione di calore. In ogni caso ci sono dei dettagli che non tornano… ma l’unico superstite come l’ha presa?

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  5. Silvia, sembra la trama di un libro o film thriller… Che, visti i miei gusti, leggerei o guarderei volentieri… Non una stoia vera! Mamma mia…Sono senza parole!
    Il fatto del paradoxical undressing, poi, mi ha fatto venire una pelle d’oca……

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