In viaggio col capo: la cena con i baroni Macdonald

Ricordate il racconto del mio viaggio sull’isola di Skye? Un gruppo improbabile formato dalla sottoscritta, dal mio ex boss, da Fiona, la collega scozzese che si lascia scappare tre blimey ogni dieci parole, dall’altro collega detto Salvatore o Penitenziagite perché parla un mix di tre lingue senza padroneggiarne nessuna, più un’accozzaglia varia di personaggi che cercano di attirare l’attenzione del capo con lo scopo di entrare nelle sue grazie. Chissà se ricorderete anche che in quell’occasione dovemmo affrontare una prova che avrebbe messo in difficoltà anche gli eroici protagonisti dello spot dell’Amaro Montenegro.

La nostra missione prevedeva di trovare un kilt originale per il capo, su un’isola scozzese dove non conoscevamo nessuno ed entro poche ore, perché il programma della serata prevedeva una sessione di reel dopo cena.

L’organizzatore dell’evento riuscì miracolosamente a trovare un kilt, preso in prestito da un componente del potentissimo clan Macdonald, che da secoli domina incontrastato la penisola di Sleat. L’ottavo barone di Macdonald ricopre un ruolo molto importante: è tuttora il chief di quello che da secoli è tra i clan più importanti delle Highlands. Un ruolo per lo più simbolico, ai giorni nostri, visto che è improbabile che qualsiasi scozzese sarà chiamato a prendere le armi e a difendere la patria urlando con fierezza al nemico che se anche dovesse prendersi la sua vita, non si prenderà mai la sua libertà.

Ma la storia ha il suo peso, e una promessa fatta al comandante di un clan delle Highlands va mantenuta. Perché in cambio del kilt preso in prestito, il boss ha dovuto stravolgere i suoi piani per la sera successiva e accettare l’invito a Kinloch Lodge. La dimora del Lord e della Lady – Claire e Godfrey per gli amici – si trova sulle rive del loch Na Dal e ospita, oltre agli illustri proprietari, anche turisti disposti a spendere quattrocento sterline a notte per dormire sotto lo stesso tetto di due highlanders.

Chi avrà l’onore di accompagnare il boss alla cena? Fino all’ultimo spero che i prescelti saranno il buon Salvatore, che con un po’ di italiano, un po’ di francese e un po’ di inglese si arrabatta in tutte le situazioni, e Fiona, per via del sangue scozzese che scorre nelle sue vene. In parte indovino, perché il boss vuole Penitenziagite. Ma purtroppo vuole me e non Fiona. Immaginate l’ansia: tra la presenza del capo, gli scivoloni linguistici del collega che non parla bene nessuna lingua e l’emozione di cenare in una dimora di proprietà di un clan vecchio di secoli. A tutto ciò si aggiunge la paranoia di non avere, nemmeno questa volta, l’abbigliamento adatto. Un viaggio col capo prevede di partire con valigie enormi che non contengono mai cose del proprietario del bagaglio perché lo sfortunato accompagnatore deve portare con sé il materiale promozionale da distribuire in giro. Anche questa volta, nel poco spazio rimasto, prima della partenza sono riuscita a malapena a incastrare negli spazi vuoti il cambio delle mutande e delle t-shirt. Dunque zero pantaloni eleganti, zero abiti lunghi fino alle caviglie e zero cappotti cuciti con fili dorati.

Così, dopo una camminata di quasi mezz’ora dal nostro albergo, ci presentiamo a mani vuote alla porta dei Macdonad. Io alla fine ho messo insieme le poche cose che c’erano in valigia: un paio di jeans grigi, un dolcevita nero e una giacca di pelle. Salvatore invece si presenta con i suoi immancabili pantaloni di velluto a coste color terra bruciata e un impermeabile consumato con qualche macchia qua e là. Il boss ha messo il kilt in una borsa di plastica e ha indossato un completo grigio in frescolana di due taglie più grande. Insieme sembriamo, rispettivamente, Donnie Brasco in versione femminile, l’Ispettore Gadget e Dan Aykroyd in Una Poltrona Per Due. I Macdonald ci aprono in quella che probabilmente è la loro tenuta casual: lui in completo di tweed a quadri, con tanto di panciotto, lei in abito di velluto cangiante lungo fino ai piedi e girocollo di diamanti che ti bruciano la retina se non distogli lo sguardo.

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Come mi capita spesso in queste situazioni, mi fascio la testa prima di rompermela, ma d’altra parte sono giustificata perché spesso le cene con il capo si sono rivelate imbarazzanti nel migliore dei casi, oppure dei totali disastri nei peggiori. Ma questa volta va meglio del previsto. Nel senso che non capitano grosse sciagure. Veniamo accolti nella dining room, una stanza sontuosa arredata con mobili dall’aspetto antico e tessuti pregiati. Tappetti persiani, camino acceso e ritratti di quelli che suppongo siano gli antenati dei Macdonald. La tavola è apparecchiata riccamente con piatti di porcellana e posate d’argento. Posate che non ho la più pallida idea di come usare, tra il timore di macchiare di rossetto uno dei tovaglioli di lino delle Fiandre o di rompere un bicchiere di cristallo di Boemia.

Ma nessuno di noi commette atti di cui vergognarsi, a parte il boss che, come suo solito, al cospetto di persone nobili improvvisa discorsi in una lingua che è dialetto piemontese che aspira a essere francese, generando sorrisi imbarazzati da parte dei nostri ospiti e risate di gusto da parte del nostro collega travestito da Ispettore Gadget. Il mio ruolo in tutta la cena è più inutile di quello della kenzia in vaso in un angolo: ringrazio i camerieri in livrea quando portano via i piatti usati e mi chiedono se gradisco ancora un assaggio di grouse (il volatile è stato ucciso e spennato da Lord Macdonald), ma rifiuto perché, pur non essendo nobile, sono comunque piemontese e dunque il rigore sabaudo ha la meglio sulla fame. Per il resto, mi limito a sorridere educatamente, tenendo le mani in grembo tra una portata e l’altra, non osando nemmeno chiedere il permesso di usare il bagno per paura di apparire rozza.

Alla fine della cena, il boss e i padroni di casa si scambiano abbracci, baci e pacche sulle spalle, mentre io e il mio collega poliglotta ci mimetizziamo con le due armature all’ingresso. Lord Macdonald si offre di accompagnarci in hotel in macchina, e poiché fuori ora fa freddo ed è tardi, vorrei abbracciare il buon Godfrey dicendo: “Yes, please!”. Ma come in un romanzo di Jane Austen, abbasso lo sguardo e rispondo che non è necessario. Purtroppo vengo presa alla lettera: il capo praticamente si fionda verso il Range Rover, occupa il posto del passeggero e con un inglese approssimativo arricchito da qualche parola di piemontese dice al padrone di casa: “Boy and girl, they walk. Me: car. Anduma, và!”

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La macchina con il boss a bordo sparisce dalla nostra vista, mentre boy and girl si incamminano mestamente lungo la strada a una sola corsia, nel buio della notte scozzese. A guidarci solo l’esiguo fascio di luce emesso da un Nokia 3310 che non ci tradisce e ci permette di arrivare a destinazione sani e salvi, quando ormai il boss sta facendo sogni d’oro.

Illustrazione di copertina di Stefano Tenti – In World’ Shoes: tutti i diritti riservati all’autore

49 pensieri riguardo “In viaggio col capo: la cena con i baroni Macdonald

  1. Eccola! Questa rubrica è come la mattina del 25 dicembre per un bambino! Muoio su Penitenziagite perché il tuo collega me lo immagino con la stessa verve del Salvatore di Eco. E poi ricevo il colpo di grazia sulla descrizione di voi tre. Per fortuna il capo non ha avuto l’ardire di fare battutacce “christopherlambertiane” sugli highlanders o peggio qualche gioco di parola su Macdonald 😛 Che bella esperienza però!
    Il mio inglese è leggendario, ma quel ME: CAR merita un monumento, una targa, un qualcosa che deve essere ricordato! 😀
    Ah, il mitico e fidato Nokia 3310. Alla prossima puntata. ❤

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    1. Che bello: come la mattina del 25 dicembre per un bambino! Hai reso la mia giornata migliore di come era iniziata questa mattina ❤️
      Sì, per fortuna il capo si è trattenuto dai riferimenti ai film, ma non dal gioco di parole sui Macdonald (non l’ho citato perché sarebbe stato difficile capirne il significato per chi non conosce l’identità del capo ma visto che tu lo sai immaginalo mentre dice: “Io a cena da Macdonald’s: è proprio il colmo!” Ovviamente parlando di se stesso in terza persona).
      Bisognerebbe fare una maglietta con la scritta ME: CAR 😂

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  2. adoro questa rubrica e mi sono sbellicata dalle risa al pensiero di Penitenziagine!!!! Ti immagino al cospetto dei MacDonald con i jeans grigi, lo sguardo basso e il contegno “sabaudo”, sei il mio mito! Per non dire dell’inglese maccheronico boy and girl they walk!!!!!! So che mi odierai per quello che sto per dirti, ma mi dispiace che tu abbia cambiato lavoro perchè questi racconti sono esilaranti!!!

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  3. I tuoi racconti con il boss sono sempre troppo divertenti! Già mi immagino durante la cena, tutti i discorsi con i due Lord. E comunque anche io sarei stata come te: senza vestiti da mettere.
    Sono andata a vedere le stanze di questo posto e sono davvero belle. La vista sul lago poi …

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  4. 😀 😀 😀 Adoro! Mi hai fatto troppo ridere. Queste storie sono bellissime, ma soprattutto la foto del “boss con il kilt” nell’altro articolo (e alla fine anche i più burberi nella veste di personaggi diventano più simpatici 🙂 ). Immagino che dopo un po’ possa essere risultato pesante, però che belle esperienze che hai avuto con questo lavoro.

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  5. L’ex boss non si smentisce mai neanche fino all’ultimo, ormai l’ho capito ma il suo inglese maccheronico mi ha fatto morire!!
    Però che bello dev’essere stato cenare con i MacDonald nel loro “umile lodge”

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  6. Silvia, mi hai proprio fatto ridere con questo racconto! Peccato solo che la compagnia del capo non ti abbia fatto godere pienamente l’esperienza. Nonostante in parte io ti invidi questa esperienza, probabilmente avrei qualche problema con il menù, visto che mangio raramente carne e assolutamente mai cacciagione. Non so proprio come avrei potuto evitare, senza offendere nessuno, il grouse ucciso e spennato dal Lord in persona! 🤦🏻‍♀️

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  7. Trovo sempre molto divertenti i tuoi racconti di viaggio con il tuo ex capo. Immagino che in quei momenti tu non te la sia passata troppo bene, ma quante belle esperienze hai fatto e quanto materiale hai da cui attingere per queste tue storie. Fai tesoro di tutto 🙂

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  8. Mi sono imbattuta in questa favolosa saga e devo dire che le avventure alla residenza McDonald’s mi hanno fatto scompisciare! Ora non resta che leggere le altre puntate, per sapere cos’altro combinerà il “boss”!

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  9. Mi fai morire con questi racconti. Mi raccomando continua a scriverli perchè sono troppo spassosi (anche se non penso sia stato divertente vivere certe situazioni)! Posso chiederti di che zona del Piemonte sei? Io sono biellese anche se ormai è dal 2002 che vivo nelle Marche.

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