Ricordando un viaggio: dove (e cosa) mangiare a Sofia

Per un volo di andata e ritorno da Milano o Roma si spendono trenta euro ma, nonostante i biglietti low cost, Sofia non è ancora una destinazione da turismo di massa. Forse tra non molto diventerà una meta mainstream, e allora i turisti che si riverseranno tra le vie della capitale bulgara saranno un bene per il paese. Però, egoisticamente parlando, sono felice di esserci stata prima.

Perché adesso Sofia è una ragazza timida, non ancora consapevole della sua bellezza. Tra qualche anno probabilmente si trasformerà in una bellissima donna che indosserà il suo vestito migliore e nasconderà i difetti sotto il trucco. Ora invece le sue imperfezioni sono ben visibili, ma non per questo la rendono meno affascinante. Sofia ha sofferto in passato, e le ferite sono ancora presenti: nei marciapiedi dissestati, nelle facciate fatiscenti dei palazzi, nella piazza dove fino a poco più di vent’anni fa c’era una statua di Lenin alta quindici metri, nelle macchine così vecchie da sembrare vintage.

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Sofia si presenta per quello che è, senza maschera. È onesta, a tratti brutale, con un carattere forte. Come la sua cucina, fatta di ingredienti locali: cibi semplici, senza fronzoli inutili ma, allo stesso tempo, forti e speziati. Ha risentito dell’influenza esercitata nel corso dei secoli dalla cultura greca, turca e balcanica. Per questo non è insolito trovare nello stesso piatto carne, formaggio, yogurt, panna acida, verdure, erbe e spezie.

Il mio primo impatto con Sofia è stato con lo Zhenski Pazar, il mercato delle donne. Qui i celebrity chefs non sono ancora arrivati, e sotto le sue volte trasandate si incontrano donne che fanno la spesa e uomini che, seduti su una panchina, aspettano le mogli. Tra i banchi di frutta, verdura, carne e formaggio, spuntano chioschi di vetro e lamiera dove comprare qualcosa da mangiare. Ci fermiamo da una signora che non parla nessuna lingua oltre al bulgaro e chiediamo due kebapche e due kyufte, accompagnati da una pagnotta di pane dolce che la donna taglia a metà con lo stesso coltello usato per grattare via il grasso dalla griglia. Il nostro pranzo consiste in un misto di carne di maiale e vitello, al quale vengono aggiunte spezie, cumino e sale. Spendiamo meno di due euro.

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Altre espressioni della gastronomia bulgara si possono provare camminando per strada, fermandosi in una panetteria per comprare una banitsa o una mekitsa da asporto. Si tratta, nel primo caso, di un prodotto da forno a base di strati di pasta fillo ripieni di burro e formaggio, ottimo anche a colazione. La mekitsa si ottiene invece con un impasto a base di yogurt che viene fritto e cosparso di zucchero a velo. Noi abbiamo provato la banitsa e la mekitsa di Khlebar, una panetteria al civico 27 della Ulitsa Tsar Shishman che, per chissà quale motivo, non risulta su Google Maps. Ma esiste, e per trovarla basta seguire il profumo del burro fuso e dello zucchero.

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Prima di partire avevo letto che i cetrioli sono l’ingrediente nazionale bulgaro e in effetti si trovano un po’ ovunque. Non sono un amante di questo ortaggio, di cui sopporto poco il sapore e ancora meno l’odore, ma when in Rome… eccetera eccetera per cui in Bulgaria ho fatto come i bulgari e ho mangiato qualunque cosa contenesse cetrioli. Per esempio in una salsa a base di sirene, un formaggio conservato in salamoia, che viene sminuzzato insieme ai malefici cugini delle zucchine e ridotto a una crema da spalmare sul pane abbrustolito. O insieme al kebab di agnello, con dosi abbondanti di tè freddo alla menta. Questo il nostro pranzo da Raketa Rakia, locale pieno di memorabilia dell’epoca socialista. È un po’ polveroso, e forse l’effetto è dovuto agli oggetti che sembrano abbandonati sugli scaffali, o forse è la sabbia dei sentieri del parco Zaimov, proprio di fronte. Con la mia limitatissima conoscenza del russo mi pare di ricordare che Raketa stia a indicare un razzo spaziale – e in effetti sui menu c’è un disegno del volto di Yuri Gagarin con tanto di casco e tuta. La Rakia non ha invece nulla a che fare con lo spazio: è un potentissimo distillato di frutta diffuso un po’ in tutti i paesi balcanici. Siccome in Bulgaria è la bevanda nazionale, dobbiamo per forza provarla in un posto che porta il suo nome, anche se con un tasso alcolico che supera il 60% non è il massimo in una giornata calda e secca.

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Dopo il pranzo ad alto tasso di cucurbitacee e distillati ci aspettano svariati chilometri a piedi tra strade infuocate, sentieri polverosi che attraversano parchi e bancarelle che vendono bicchieri di frutta a pezzi. Più che un vero mercato è una fila di banchetti lungo la Ulitsa Graf Ignatiev. Bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi: per non farsi investire dai tram e per non finire in uno dei tanti tombini scoperchiati che ricordano il passato di questa città, nonostante l’insegna scintillante del MacDonald’s poco lontano. Non ne ho visti molti a dire la verità, e non penso di aver notato più di un paio di Starbucks, e mi auguro che rimanga così perché qui ci sono tanti posti dove assaggiare cibo bulgaro.

A Sofia i ristoranti sono nascosti meglio della tana del Bianconiglio. Il rischio più grande è quello di trovarsi in un locale con le cameriere vestite in abiti tradizionali bulgari che ti accompagnano al tavolo cantando una canzone popolare e ti invitano a scegliere cosa mangiare da un menu plastificato con le fotografie dei piatti. Forse dopotutto anche qui stanno imparando a mettere in trappola i turisti. I posti che ho apprezzato maggiormente sono stati quelli nascosti dietro la facciata di uno dei tanti palazzi con l’intonaco che si stacca, dove il groviglio di cavi elettrici corre da un tetto all’altro.

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Quasi mai ci sono insegne, perché spesso questi ristoranti ora occupano il posto dove fino a poco tempo prima c’era un appartamento. Per raggiungere Lavanda si deve attraversare prima un bar poi un cortile e infine prendere la scala di servizio fino al secondo piano. Sul pianerottolo c’è una porta aperta: dopo una breve attesa, una donna si presenta per accompagnarci in una delle tre stanze in cui sono stati sistemati i tavolini più piccoli e il tavolo comune. Ma anche un frigorifero e un mobile con degli elettrodomestici in fila, come se qualcuno li avesse usati da poco e li avesse messi lì nell’attesa di utilizzarli di nuovo. Mangiamo una sorta di hummus a base di cetrioli, poi salumi e formaggi e un piatto a base di pesce al forno con contorno di verdure, spendendo l’equivalente di una ventina di euro a testa.

Sofia Lavanda

Bagri non è molto distante e si trova al piano rialzato di un palazzo, e ha a disposizione anche un piccolo portico coperto, molto più fresco in estate rispetto alle sale interne. Quello che accomuna i due ristoranti è l’approccio: prodotti locali, provenienti da un tipo di agricoltura responsabile e sostenibile, piatti della tradizione bulgara. Da Bagri proviamo alcuni formaggi bulgari, tra cui il kashkaval, diffuso in tutta l’area dei Balcani. Abbondano le salse, ai peperoni e alle melanzane, e i sottaceti. Proviamo anche qualche fetta di Elènski but, un prosciutto prodotto nella regione di Elèna, nel nord della Bulgaria. Ci spiegano che è come il jamón iberico: forse il paragone è un po’ azzardato, ma anche qui c’è una tradizione particolare che richiede che la carne di maiale venga salata, chiusa in una botte di quercia e poi avvolta in una garza sottile.

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Prima di andar via provo ancora una volta il cetriolo in una delle tante varianti, insieme a una porzione generosa di pollo alle verdure. I piatti sono semplici, come la presentazione, ma i sapori sono sempre decisi. Anche perché oltre ai cetrioli non mancano mai le spezie, come il cumino e la chubritsa.

È un mix che unisce Europa, Balcani e una punta di Medioriente. Proprio come Sofia.

43 pensieri riguardo “Ricordando un viaggio: dove (e cosa) mangiare a Sofia

  1. “i cugini malefici delle zucchine” ahhahahahaah perfettamente calzante, come la bella descrizione che regali a questa città. Certo, io mi lascerei affascinare non poco dalle facciate “sgarrupate”, dalla memorabilia d’epoca e dall’allure tipica da paese dell’Est, però dall’altro lato immagino il disagio di chi ci vive e deve continuamente muoversi in questa sorta di arretratezza. Sono andata a sbirciare il locale Lavanda, incredibile e affascinante proprio per il tragitto per raggiungerlo! Sono invitantissimi quei dolci, però permettimi di malignare… siamo sicuri che i malefici non si siano intrufolati anche nel croissant? 😛

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    1. Su di te posso sempre contare quando si tratta di mete dell’Est (o del Nord).
      Lavanda mi è piaciuto forse più di tutti gli altri, perché lì in particolare sembrava di essere ospiti a casa di qualcuno.
      In effetti la crema verde dei croissant poteva benissimo essere a base dei malefici 😂

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  2. Sofia è una di quelle città che visiterei proprio volentieri e ovviamente vorrei provare anche le sue specialità. L’unica cosa che proprio non mi piace sono i cetrioli quindi dovrei fare un po’ attenzione ad ordinare. Quelle brioche fotografate sembrano una delizia e sicuramente non mi stancherei neppure della carne. Poi vabbé se dovesse arrivare qualche cetriolo pace.

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  3. Da tempo vorrei visitare Sofia ma io ho un problema abbastanza grosso: non sopporto di volare con Ryanair e quindi credo che non ci andrò mai… Prima o poi devo decidermi a cercare un volo con altra compagnia aerea perchè credo che sia una città che vada la pena di essere scoperta.

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  4. “Tra qualche anno probabilmente si trasformerà in una bellissima donna che indosserà il suo vestito migliore e nasconderà i difetti sotto il trucco.” Adoro la tua metafora, così come ho adorato la tua visione differente di Sofia. Un luogo non ancora turistico, come dici tu, e proprio per questo ai miei occhi speciale. E poi guarda che gastronomia 😀

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  5. Devo dire che con quelle facciate molto “soviet”, Sofia ha il suo fascino! Trovo molte similitudini con la cucina greca nella tua descrizione soprattutto per lo yogurt e i cetrioli, io li adoro entrambi e vivrei di quelli dato che la carne di maiale e di agnello proprio non mi piace

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  6. Ti sono vicina, anche io odio il cetriolo e a quanto pare, facile che a quel Mc Donald prima o poi ci finirei! Speriamo davvero che non venga globalizzata Sofia, ma che qualche chef decida di portare una ventata di freschezza, possibilemente al sapore di un ortaggio differente!

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  7. Sei stupefacente: mi hai portato con te, lì a Sofia, a salire le scale alla ricerca di quel ristorante nascosto oltre un bar e un cortile, ad alzare gli occhi al cielo ad ogni cetriolo che infilano nel mio piatto. Ma che meraviglia, questa autenticità che ormai non si trova quasi più, questa donna che sgrassa la griglia e serve panini!

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  8. Sono stata in Bulgaria talmente tanto tempo fa che non mi ricordo il cibo. Questo è molto strano, probabilmente non mi ha particolarmente colpito. La Rakia me la ricordo e bene! Il ricordo che ho di Sofia è di una grande tristezza e voglia di rinascere. Spero che nel frattempo qualcosa sia cambiato.

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  9. Adoro le città dell’est Europa proprio per il loro carattere ancora perfettamente autentico. Sofia è un po’ un pugno nello stomaco per me. Rappresenta il primo viaggio annullato nella mia vita per cause di forza maggiore. Due anni fa avevo prenotato un volo low cost (probabilmente pagato anche meno di 30 euro), ma il giorno prima della partenza il mio compagno aveva la febbre a 39 e a malincuore siamo dovuti rimanere a casa. Non ho più trovato altre occasioni, ma spero di poterne riparlare presto.

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  10. Il cibo riveste un ruolo importante in ogni nostro viaggio, amiamo documentarci prima di partire allo stesso modo di come ci documentiamo per le attrazioni di una località! Mi segno i posti che hai suggerito per un prossimo viaggio alla scoperta di questa interessante città, per ora non abbiamo ancora avuto occasione di visitarla.

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      1. Ho un debole per queste località di nicchia che sono il risultato di commistioni di echi, culture, confini che inevitabilmente si ritrovano anche a tavola. Penso andrei a nozze con questo tipo di cucina che immagino pesante ma parecchio sfiziosa e speziata😍 E poi ho un debole per il tuo modo di scrivere e raccontare. Ma questo lo sai già… 😉

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  11. Non sono mai stata a Sofia, ma credo sia una di quelle mete non ancora travolte dal turismo di massa, che proprio per questo risulta più affascinante. Credo che mi piacerebbe, così come mi ero innamorata di Varsavia, raggiunta quasi per caso grazie ad un volo di Wizzair a prezzo vantaggioso. Quante prelibatezze culinarie, io che adoro la pasta sfoglia ci andrei a nozze! 😊

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  12. Che bellezza il paragone che fai di questa città con una ragazza inconsapevole della propria bellezza…che diventerà donna e si nasconderà un po’ sotto vestiti eleganti e coltri di trucco!
    La immagino come un luogo franco, onesto, schietto, senza fronzoli… E dalla tua descrizione, pare sia proprio così.

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  13. Che interessante quest’articolo, grazie! Non so quasi niente della Bulgaria e tanto meno di Sofia. Però immaginavo che il cibo bulgaro avesse molto della cucina balcanica. Tante delle cose che hai menzionato si trovano anche altrove nei Balcani, anche se sotto nomi diversi: Čufte, čevapčiči, burek, rakija…

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