Il fascino decadente di Sofia: da Sveta Sofia allo Zhenski Pazar

Siamo arrivati a Sofia da poco e per entrambi è la prima volta in Bulgaria. Ma due cose le capiamo in fretta: fa caldissimo e abbiamo fame.
Ormai l’ora di pranzo è passata da un pezzo e abbiamo fatto colazione ore fa, prima di arrivare a Malpensa. Le nostre esigenze sono molto semplici in questo momento: trovare un posto dove placare la fame e la sete.

L’hotel è in pieno centro, alle spalle della cattedrale di Aleksandr Nevskij, ma non ci fermiamo per ammirarla, per quello ci sarà tempo domani. Scegliamo di spostarci a piedi e non con i mezzi pubblici perché trascorreremo solo due giorni in città e vogliamo renderci conto di come sia fatta la capitale della Bulgaria. Camminiamo sulle mattonelle gialle del Bulevard Tsar Osvoboditel, il viale dedicato allo zar Alessandro II di Russia.

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Lungo il nostro cammino incontriamo edifici come la chiesa di San Nicola, la Galleria di Arte Nazionale, l’attuale palazzo Presidenziale, un tempo sede del Partito Comunista Bulgaro. Arriviamo fino alla statua di Santa Sofia, che faccio fatica a definire bella. Svetta su una colonna alta quasi quindici metri, al centro di una piazza circondata da edifici in stile realista sovietico, nel punto esatto dove fino all’inizio del 1991 si ergeva una statua di Lenin.

Sofia Center

Le cose cambiano appena svoltiamo lungo il Maria Luiza Bulevard, il viale che porta alla moschea. Niente più palazzi marmorei e viali larghi, ma edifici trasandati, con l’intonaco che si stacca dalle pareti. Ci fermiamo per lo scatto di rito al muro dipinto con la pubblicità ormai sbiadita dei Chupa Chups. A quanto pare, i brand internazionali non hanno faticato a insinuarsi nella cortina di ferro.

Poche centinaia di metri e siamo nel quartiere ebraico, dove sorge la sinagoga. Facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi, perché i marciapiedi e le strade non sono nelle condizioni migliori.

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In qualche minuto arriviamo allo Zhenski Pazar, il mercato delle donne. Deve il suo nome al fatto che fino a pochi anni fa fosse frequentato principalmente da donne che qui vendevano e compravano generi alimentari. In effetti sembra che le cose non siano cambiate molto da allora: le tettoie di ferro sotto le quali i venditori si riparano dal caldo o dal freddo sono di gusto sovietico: spigolose, basilari, colorate di un brutto arancione, con altri elementi in blu elettrico.

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Le persone che camminano tra i banchi sono vestite in maniera essenziale: gonne o pantaloni di panno e camicie di cotone in tonalità che vanno dal beige al verde salvia, in stile doganiere svizzero, come direbbe una mia amica. Gli uomini anziani sono seduti di fronte ai negozi che vendono pane, miele, spezie, ma anche calze, abiti e scarpe. Guardano la gente che passa, forse aspettando che le mogli finiscano di fare la spesa, o semplicemente cercando riparo dal sole. Sembra che tutto sia rimasto fermo a una trentina di anni fa: dai vestiti della gente, alle vetrine dei negozi, alle macchine sgangherate.

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Ogni volta che ci avviciniamo a un banco, i venditori ci dicono qualcosa in bulgaro, forse invitandoci a comprare la loro merce. Noi non capiamo e sorridiamo: ci sembra la cosa migliore da fare perché qui nessuno parla inglese. Nemmeno la donna che in un minuscolo chiosco di vetro e metallo cuoce della carne su una griglia. Questo sarà il nostro pranzo tardivo. Non sappiamo come farci capire e la signora non ha tempo da perdere per spiegarci cosa stia preparando. Dopo un discorso che è una via di mezzo tra il linguaggio dei segni e il russo – per indicare, rispettivamente, cosa vogliamo e in quali quantità – ci viene offerto un piatto di plastica che contiene kebapche e kyufte. Si tratta in entrambi i casi di un misto di carne di maiale e vitello unito a spezie, cumino e sale: il primo è a forma di hot dog, il secondo ricorda una polpetta.

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Abbiamo però dimenticato il pane e la birra, ma per fortunale parole russe khleb e pivo hanno in bulgaro lo stesso significato. Senza mai mostrare il sorriso, la donna nel chiosco prende una pagnotta e la appoggia sul bancone, poi con lo stesso coltello che usa per staccare le polpette dalla griglia apre le bottiglie di birra. La ringrazio e torno al tavolo comune, sotto un ombrellone rosso con decine di buchi che colora di rosa il nostro cibo e gli altri commensali.

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Lo Zhenski Pazar è un mercato popolare, frequentato principalmente dalla gente del posto. Anche i prezzi sono molto bassi rispetto ai nostri standard: in tutto, tra cibo e bevande, abbiamo speso 4 leva, circa due euro. Immagino che a molti potrebbe non piacere questo posto un po’ disordinato, abbastanza puzzolente e molto trasandato, ma vale la pena di passarci un po’ di tempo per capire meglio come si viva in un città dove non è insolito trovarsi di fronte a una scuola abbandonata, con le finestre sbarrate e un campo da calcio di cemento pieno di buche e crepe. Forse i bambini sono scappati all’improvviso, per chissà quale motivo.

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Con la pancia piena ci rimettiamo in cammino, diretti verso il mercato centrale, il Tsentralni Hali. A differenza del mercato delle donne, non si svolge all’aperto ma sotto le volte di un edificio in un mix di stili che a questo punto credo rappresenti il massimo dell’opulenza per gli standard bulgari. L’interno non ha lo stesso carattere dello Zhenski Pazar. Al mercato centrale ci sono negozi di souvenir, farmacie, caffetterie, gioiellerie. Ci fermiamo in una panetteria e prendiamo una banitsa, un rotolo di pasta fillo farcito con ingredienti dolci o salati. Il nostro ha un ripieno di mele e crema, ed è talmente dolce che per contrastare il sapore abbiamo bisogno di un caffè amaro.

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Visto che non siamo lontani, decidiamo di fare una passeggiata lungo il Vitosha Bulevard, la strada pedonale che attraversa Sofia fino al parco del Palazzo Nazionale della Cultura. Percorriamo il viale in quasi tutta la sua lunghezza, ma presto ne abbiamo abbastanza dei negozi che vendono creme e profumi alla rosa. È un susseguirsi di locali che ovunque nel mondo mi fanno venire i brividi: i ristoranti con le foto dei piatti in vetrina. Le proposte culinarie sono un miscuglio improbabile di cibo italiano, francese e bulgaro.

Tagliamo per le vie laterali, diretti in albergo, a meno di due chilometri di distanza. Una sosta alla SPA ci permette di ritrovare l’energia per affrontare la serata, che prevede una prima tappa da Halbite, un birrificio con una selezione di oltre cento birre da tutto il mondo. Scegliamo la Nash’to Pivo, una ale bulgara fresca e dissetante, prima di tornare per le strade dove il rigore sovietico lascia spazio alla street art.

Street art Sofia.jpg

Per raggiungere Bagri percorriamo altre strade dissestate, tra palazzi che hanno visto tempi migliori e automobili che potrebbero quasi sembrare vintage. Ma nonostante l’aria molto trasandata, non ci sentiamo mai a disagio. La gente è disponibile se chiedi un’indicazione, anche se non parlano inglese e fanno fatica a farsi capire. Ci accoglie con un sorriso anche il cameriere del ristorante, che ci consiglia di scegliere un tavolo in giardino perché è più fresco.

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Ci fa strada in un locale semplice, arredato con vecchi mobili dipinti in colori pastello e decorato con lampadine. Ci racconta brevemente la filosofia del locale: nessun piatto utilizza ingredienti prodotti in massa. Ogni cosa viene coltivata a livello locale dai contadini bulgari, secondo tecniche di agricoltura responsabile e sostenibile.

Ci lasciamo consigliare da lui, anche perché non avremmo capito niente dal menu in bulgaro. Ci viene offerto del pane accompagnato da burro alla nocciola in attesa del primo piatto: un tagliere di salumi e formaggi bulgari, con salse ai peperoni e alle melanzane, e sottaceti. A seguire, pollo ripieno al sirene, un formaggio maturato in salamoia, e trota con verdure. Sono piatti semplici ma gustosi, come tutti quelli che avremo occasione di provare a Sofia.

Bagri Restaurant Sofia.jpg

Per il dolce non rimane molto spazio, così dividiamo un gelato allo yogurt con granita al cetriolo. È un sapore che trovo un po’ difficile da sopportare, ma qui sembra l’ingrediente nazionale, e all’ultimo cucchiaio quasi mi piace.

Per essere solo il primo giorno, Sofia non mi ha deluso.

38 pensieri riguardo “Il fascino decadente di Sofia: da Sveta Sofia allo Zhenski Pazar

  1. La tua schiettezza in merito al disordine ed alla “puzzolenza” mi convince che questo posto merita una visita: proprio perchè è rimasto 30 anni indietro è da considerarsi autentico. E poi fascino e decadenza sono parole che spesso associo anche io quando voglio fare un grande complimento ad una città 😉 Tuttavia dai tuoi racconti (almeno ho avuto questa percezione) Sofia non sembra una GrandeCapitaleEuropea nell’accezione tipica della locuzione, quanto piuttosto una medio-piccola città dell’Est. E’ così o sono fuori strada? 😛
    Ma come la granita al cetriolo?! hahaha O_O
    Buonanotte, un bacio!

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  2. Che bell’articolo e che belle parole! Grazie al tuo racconto ho potuto rivivere sapori (e odori) 😉 già incontrati in altri viaggi in Paesi lontani. Ora rimango in attesa di leggere come va il resto del viaggio!

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  3. Mi piace l’idea che questo posto sia rimasto almeno 30 anni indietro rispetto ad altre città europee però non so, ci trovo qualcosa di molto freddo e poco affascinante! Ad esempio anche Bucarest non è una città che si è evoluta così tanto ma ha qualcosa che ti cattura totalmente.
    In ogni caso mi è piaciuto molto il tuo racconto della prima giornata e aspetto il prossimo 🙂

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  4. Come sempre è un piacere leggerti Silvia ❤, voglio sempre più scoprire l’Est Europa e questo tuo post mi fa già iniziare un po’ a capire cosa aspettarmi. Il mercato delle donne mi incuriosisce parecchio e in generale la città mi sembra interessante. Diversa dai classici standard della capitale europea classiccheggiante e moderna, un ritorno al passato e alla semplicità. Non vedo l’ora di leggere il resto!

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  5. Ho letto il titolo e non sapevo cosa aspettarmi, non immaginavo a quale livello di decadimento tu ti riferissi. Ultimamente Sofia è un nome che circola sempre più spesso sulla bocca della gente, fa parte delle capitali dell’Est che piano piano stanno venendo fuori e delle quali non si fa altro che decantare le nuove costruzioni e la ventata di restyling “oggettivo e soggettivo” che stanno attraversando. Per questo mi ero fatta un’idea di una città, molto più “impeccabile” (passami il termine), in cui il trasandato, lo sporco, e l’old style vengono sapientemente nascosti sotto il tappeto, ed in cui posti come le scuole vengono poste sotto i riflettori e non abbandonate al caso. Ecco se mi fossi trovata a scendere dall’aereo, con questa mia falsa convinzione, credo che sarei rimasta lì come una bischera (come si dice dalle mie parti). Ti giuro che mi hai veramente incuriosita, in attesa di vedere e toccare con mano, non posso far altro che aspettare i tuoi prossimi post…

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    1. Le facciate impeccabili e tirate a lucido ci sono lungo la via della statua di Santa Sofia e a tratti certi angoli mi hanno ricordato Vienna (anche se non ci vado da una vita e non la ricordo benissimo, ma la mia testa ha fatto questa associazione di idee 😉 Poi però al di là di quella strada classica e lineare, il resto è molto più vero, più vissuto. E infatti queste ultime sono le zone che mi sono piaciute di più.
      Al prossimo post allora 😍

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  6. Proprio perchè così trasandata e puzzolente meriterebbe una visita. Sono abituata a visitare sempre posti da cartolina o che ispirano fotografie belle, ma chissà come mi divertirei lì a creare qualche fotoreportage a tema che esalti queste sue caratteristiche legate al tempo che si è fermato o ai vari contrasti! Mi frena solo la comunicazione con gli altri, magari imparare qualche parola di russo può essere utile come ci fai notare XD Aspetto la prossima parte..

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  7. Sai, Silvia…non saprei esprimermi a proposito di queste sensazioni: non cerco assolutamente il bello e l’affascinante, ma trovo che situazioni del genere siano abbastanza “difficili”.
    Occorre un forte spirito di immedesimazione per capire cosa c’è al di là e, naturalmente, la giusta predisposizione.
    Non dovrò dimenticarla, quando riuscirò a intraprendere il mio viaggio nei Balcani e oltre. 😉
    Un abbraccio e buona giornata! :*

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    1. Ti capisco benissimo, perché io mi sento così verso l’Africa. Dire che “mi fa paura” forse è esagerato, però è come se per il momento fosse troppo per me, o comunque io non mi sento pronta. E in questi casi credo che sia giusto aspettare. Chissà, magari un giorno io sarò pronta per l’Africa e tu per i Balcani 😉
      Buona giornata!

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  8. La granita al cetriolo, ma come gli è venuto in mente?? Il palazzo del Chupa Chups è un classico, penso sia iperfotografato, però ha sempre un certo fascino fatiscente. La metro di Sofia è un po’ sgangherata ma ti assicuro una cosa: è 1000 volte meglio rispetto a quella di Roma, pensa te 😀 Un abbraccio cara!

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  9. Mi ha sorpresa. Non mi immaginavo così Sofia. Avevo un’idea totalmente diversa della città ma, questo devo dirlo, non ha deluso nemmeno me. Nel senso che ho apprezzato molto questa scia di verità, di luogo che non ha bisogno di nascondersi, che mette in mostra le proprie crepe e i limiti, nonostante non siano appetibili esteticamente. Ha un fascino davvero decadente, reale. Hai presente quando ti trovi in un luogo, pensando che lo trovi perfetto proprio perché è imperfetto? A me è capitato spesso in Thailandia, ed è stato motivo di innamoramento istantaneo.
    Molto interessanti i mercati, perché alla fine rappresentano lo spaccato di vita vera, che tutti noi cerchiamo. A mio avviso grandiosa anche la signora del chiosco. Okay, maniere un pò discutibili, ma forse parte del personaggio.
    E quel fantastico locale? Una filosofia che apprezzo e appoggio. Tra l’altro sto ancora riflettendo su quel gelato finale: sarei curiosa di sentirne il gusto 😉
    Aspetto la prossima puntata!
    Baci,
    Claudia B.

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    1. Ciao Claudia! Sapevo che avresti capito perfettamente, perché dai tuoi racconti della Tailandia ho avuto delle sensazioni simili. Anche se sicuramente sono paesi diversi tra loro, hanno in comune il fatto di non nascondersi dietro una facciata, ma di mostrarsi per quello che sono. Capisco anche che a molti possa non piacere, ma a me questo aspetto ha colpito dritto al cuore.
      Il gelato è impossibile da descrivere, dovresti provarlo 😉
      Un bacione ❤️

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  10. Ho vissuto a Sofia un mese. Uno dei miei più disordinati e pieno d’emozione della mia vita. La città me la ricordo bene, l’ho fatta mia, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Riviverla tramite le tue parole mi ha fatto sognare. Vorrei tanto tornarci, chissà, prima o poi. E intanto non vedo l’ora di leggere come proseguirà il tuo viaggio. Quanto ti fermi? 🙂

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    1. Un mese, che bello! Sei riuscita a vedere anche qualcosa nei dintorni? A me sarebbe piaciuto vedere il monastero di Rila, il monte Vitosha e magari anche Plovdiv, però siamo stati appena tre giorni quindi non abbiamo avuto tempo. Ma mi piacerebbe tornarci, magari anche in una stagione meno calda.
      Buona giornata 😊

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  11. Non so perché, ma immaginavo Sofia diversamente. Abbagliata dalle foto della cattedrale e del vicino monastero di Rila che si trovano online, non avevo pensato assolutamente a come potessero essere le vie della città, insomma la realtà quotidiana. Mi è piaciuto molto il realismo di questo articolo, mi è sembrato di passeggiare con voi, notando pro e contro di ciò che vi circondava. 🙂

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  12. Silvia, con la tua descrizione schietta mi hai conquistata.
    Era un po’ che stavo puntando Sofia, le foto che ho visto sono tutte bellissime, incluse le tue che mostrano (finalmente) le “retrovie”. Anche se lo ammetto, quando ho letto granita al cetriolo mi si è un po’ rivoltato lo stomaco….

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  13. Ciao Silvia, mi piacciono molto i post in cui racconti Sofia, mi sembra di essere di nuovo lì e di cogliere tante sfumature che al momento non ho notato. Ci credi che è una città su cui non saprei esprimermi e faccio fatica a dire se mi sia piaciuta o meno? Ad essere autentica è autentica, è così come la vedi, prendere o lasciare ma sono tornata a casa con un velo di tristezza… purtroppo mi sono persa il mercato delle donne 😦

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  14. I tuoi racconti mi fanno sempre venire l’acquolina in bocca e voglia di partire. Io poi ho un debole per quel gusto decadente da paese ex sovietico, o per la trasandatezza di un certo Sud, quindi in Bulgaria immagino mi sentirei subito a mio agio. Il mercato delle donne mi ha ricordato un mercato che ho visto a Cracovia nel 2009 in un quartiere popolare, che ricordi.

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