Cosa vedere a Stoccolma: un itinerario da Gamla Stan a Södermalm

Stoccolma non ci accoglie con il sole, ma d’altra parte non me lo aspettavo da una città scandinava. Nonostante a inizio agosto le ore di luce siano ben quindici, la giornata è tutt’altro che luminosa. Il cielo è carico di nuvole, di un colore che varia dal piombo al viola. In certi punti sembra quasi nero, anche se qua e là si intravede qualche macchia azzurra. Questo mi fa pensare che qualche raggio di sole forse lo vedremo prima della fine della giornata.

L’aria che arriva dal Baltico è fresca, ma ci scaldiamo in fretta lungo il percorso che dall’hotel nel centro storico ci porta a Riddarholmen, una delle 14 isole che compongono la città di Stoccolma. Ci si arriva in una decina di minuti e non si impiega molto di più a percorrere le poche vie che la attraversano. Ci fermiamo qualche istante davanti alla Riddarholmskyrkan, la chiesa dove sono sepolti i monarchi svedesi. C’è la possibilità di visitarla soltanto a mezzogiorno, ma è troppo presto, per cui decidiamo di tornare verso il centro storico, abbandonando la calma dell’isoletta e le sue strade deserte.

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Le distanze sono veramente minime: appena mezzo chilometro ci separa dal Kungliga Slottet, il palazzo reale. Non abbiamo nessuna fretta e passeggiamo con calma, approfittando del fatto che i turisti non si sono ancora riversati tra le vie acciottolate della città vecchia. Ne avevo un ricordo un po’ diverso rispetto alla mia “visita lampo” di qualche anno fa: c’erano già i negozi di souvenir e i ristoranti pseudo-italiani? Forse no, magari le cose sono peggiorate negli ultimi anni. O invece era già così e io non lo avevo notato. Nonostante tutto, a Gamla Stan si ha l’impressione di trovarsi in una fiaba, con le case alte e strette dipinte di giallo, rosso e arancione, e le strade anguste dove si rischia di scivolare sui ciottoli levigati dal passaggio di carrozze a cavalli un tempo, e dai piedi di migliaia di persone ogni giorno.

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Più che alle carrozze, davanti al Palazzo Reale bisogna fare attenzione a non farsi investire dai pullman che si fermano davanti all’ingresso, fanno scendere il loro carico, fanno inversione di marcia e lasciano il posto al prossimo della fila. Siamo più veloci dei cento giapponesi appena arrivati: loro sono un po’ spaesati, e noi ne approfittiamo per salire le scale che portano alle biglietterie e per iniziare la visita di quello che è il più grande palazzo reale del mondo. Sembra strano, per una città come Stoccolma, ma basta dare un’occhiata a qualsiasi cartina per vedere che il castello, con oltre 600 camere, occupa più o meno un quinto dell’intera superficie della città vecchia.

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C’è tantissimo da vedere tra le mura del castello: sale del trono, camere da letto, cortili e musei interni. Dopo un paio d’ore al chiuso sentiamo la necessità di respirare un po’ di aria fresca. E abbiamo bisogno di una seconda colazione. Percorriamo le vie di Gamla Stan un po’ a casaccio, senza una meta precisa. Troviamo quello che cerchiamo da Bröd & Salt, una panetteria minuscola con solo un posto a sedere davanti alla vetrina. Ci mettiamo in fila, in un ambiente buio, al punto che diventa difficile leggere i nomi dei prodotti esposti. Ma non importa: tutti ordinano la stessa cosa e noi li imitiamo. Prendiamo due caffè americani da asporto e un kanelbulle a testa. Dal sacchetto di carta sentiamo già il profumo del burro e della cannella e non aspettiamo che si liberi un posto: i dolci sono ancora caldi e morbidi, per cui sacrifichiamo la comodità e mangiamo in piedi, come gli altri avventori che erano in coda con noi.

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Appena finito il kanelbulle ci incamminiamo verso lo Stortorget, la piazza centrale di Stoccolma. Sicuramente è il punto più fotografato della città, con i suoi edifici variopinti. Peccato che il sole non si sia ancora deciso a farsi vedere, perché questi colori farebbero tutto un altro effetto. Ma anche con la luce grigia di questa giornata l’effetto non è niente male. Peccato anche per i tanti locali “acchiappa turisti” un po’ ovunque: sono già pieni, nonostante non sia ancora ora di pranzo. Sui menu esposti all’esterno ci sono fotografie inquietanti di pasta, pizza e piatti misti con pasta, pizza e carne, tutto insieme. Scappiamo da questo inferno, diretti verso Södermalm.

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Il nome del quartiere indica semplicemente l’isola a sud del centro di Stoccolma. Pochi passi e l’aspetto della città cambia. Salta subito all’occhio che si tratta di una zona meno turistica, dove la gente cammina portando le borse della spesa, senza guardarsi intorno. Niente autobus carichi di giapponesi o negozi di souvenir lungo le strade di quelli che un tempo furono i bassifondi di Stoccolma. Come avviene quasi sempre con gli ex quartieri popolari, ora Södermalm è diventato hip & trendy.

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Forse un giorno capirò il significato di questo concetto, ma per il momento mi limito a guardarmi intorno, facendo un giro in un negozio che vende abiti realizzati con cotone biologico, dando un’occhiata a un’altra vetrina dove sono esposti vecchi dischi buttati alla rinfusa, passeggiando per strade quasi deserte che portano a un parco o verso il mare.

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La passeggiata ci ha messo appetito e non potremmo trovarci in un posto migliore per trovare quello che cerchiamo. Lontano dalle trappole alimentari del centro storico, ci dirigiamo verso la vicina fermata della metropolitana di Slussen. Il posto non è né bello né instagrammabile: una piazza anonima con vista tangenziale da una parte e una fila di biciclette abbandonate alle intemperie dall’altra. Nel mezzo di questa desolazione, un rimorchio malandato e senza targhe, con un’insegna a forma di pesce. C’è la fila e si sente parlare svedese: sento che è un buon segno, perché se la gente del posto mangia qui, allora deve essere una garanzia.

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Nystekt Strömming è un food cart che probabilmente esiste da prima che i food cart diventassero di moda: si vede dal bancone consumato dove la gente appoggia le lattine nell’attesa che il cibo sia pronto, dall’insegna triste sul tetto del rimorchio, dal pannello con l’elenco dei piatti. Poche le cose tra cui scegliere, non più di quattro o cinque proposte rigorosamente in svedese e con un unico ingrediente principale: l’aringa o strömming. L’uomo al banco non parla inglese e non credo che avrebbe comunque voglia e tempo di spiegarmi le differenze tra le varie preparazioni, così totalmente a caso ordiniamo due cose diverse. Pochi minuti e il secondo uomo ci sporge il nostro pranzo da una finestra sul lato del rimorchio: un piatto di plastica con aringa fritta, pane di segale, purè di patate, cetrioli sottaceto e salsa all’aglio, e un hamburger di aringa e cipolla marinata.

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Piatti working class, mi verrebbe da dire, proprio come il passato di questo quartiere. Ci sediamo insieme ad altri avventori – principalmente nordici, ma c’è anche qualche russo – a uno dei due tavoli di legno consumato e unto, facendo un cenno alle persone con le quali stiamo per condividere il pasto. Non è difficile immaginare gli operai che lavoravano sulle barche al porto e che si concedevano una pausa qui, mangiando un piatto semplice ma non per questo meno buono. Inizia a scendere qualche goccia dal cielo ma nessuno ci fa caso: siamo tutti troppo concentrati su quello che abbiamo nel piatto. E intanto penso che l’aringa sarà anche un pesce povero, ma in questo momento il suo sapore, il profumo dell’aria salata e il rumore del vento mi fanno sentire tra le persone più ricche di Stoccolma.

37 pensieri riguardo “Cosa vedere a Stoccolma: un itinerario da Gamla Stan a Södermalm

  1. Ti dirò, anche se la giornata era plumbea avrei apprezzato tantissimo la frescura del Baltico che ha reso ancora più affascinanti (almeno nel mio immaginario) le atmosfere dei quartieri lontani dal centro storico. Che scorci caratteristici! Immaginavo Stoccolma diversa e invece è molto simile a tente altre belle città dell’Europa centrale: mi piace!
    Un bel racconto davvero Silvia, mi hai fatto assaporare aringhe e kanelbulle.
    Quanti nomi Ikeiggianti però 😛
    Buona domenica! 😀

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  2. Il tuo racconto mi ha dato l’illusione di essere tra le vie di Stoccolma, catapultandomi nella realtà dei paesi nordici, che non conosco ma mi affascinano immensamente. Spero che approfondirai la visita al Palazzo Reale con tante foto degli interni…sono una romantica e quando sento parlare di residenze reali non vedo l’ora di saperne di più 🙂 DImenticavo: complimenti per il “sorpasso” sulla comitiva di giapponesi! 😀

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    1. Sai che purtroppo non ho fatto molte foto all’interno del Palazzo? Dentro faceva caldissimo e lì poi i giapponesi ci hanno raggiunti, quindi immagina una comitiva agguerrita armata di macchine fotografiche e selfie-stick… Mi sono arresa quasi subito!
      Buona giornata 😍

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  3. Questa volta parto dalla fine, visto che la tua conclusione mi ha toccata. Forse perché sono ancora pericolosamente sotto fuso orario, forse perché il concetto che hai espresso mi riporta bruscamente al mio amato viaggio, ma sono con te Silvia.
    Un piatto povero, può veramente trasformarsi in una ricchezza. Soprattutto quando sa raccontare una storia col suo sapore, con la sua preparazione, anche in base al dove e con chi lo si consuma! Quelle aringhe, forse, non avrebbero avuto lo stesso sapore se mangiare in un lussuoso ristorante del centro.
    E sappi che ho sentito la fragranza di zucchero e cannella fino a qui… Che connubio coccoloso, soprattutto quando il cielo grigio e la temperatura bassa, ti fanno cercare e desiderare qualcosa di vero e gratificante.
    Mi sono innamorata della città vecchia! A prescindere dal fatto che, credo si sia capito, sono un’appassionata irriducibile di residenze storiche, palazzi e castelli, che potrei visitare per ore, certi scorci in cui colori, fiori, vicoli acciottolati, negozietti, caffetterie si fondono in immagini da cartolina, per me sono balsamo per gli occhi. Sarò pure una mente semplice, ma queste immagini e descrizioni, mi riportano a quando da bambina leggevo racconti e fiabe. Un idillio in cui mi piace perdermi con lo sguardo e sognare. Forse pro perché mi riporta a quei tempi!
    Ti abbraccio,
    Claudia B.

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    1. Sono d’accordissimo con te: la stessa aringa non avrebbe avuto quel sapore in un lussuoso ristorante del centro. Io poi ho una predilezione per le aringhe, forse proprio perché pur essendo un piatto povero, le ho sempre mangiate in contesti “ricchi” dal punto di vista emotivo: con i pescatori norvegesi qualche anno fa, poi sul porto di Bergen in una delle piazze più belle dell’Europa (almeno per me).
      Sì, le fiabe: anche io non riuscivo a smettere di pensarci mentre ero lì!
      Spero di leggere presto i racconti del tuo viaggio, ma immagino che un’esperienza così richieda del tempo per essere elaborata.
      Buona giornata 😘

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  4. Nel viaggio in Giappone ho deciso che farò così come hai fatto tu: non segnerò i ristoranti da provare, mi lascerò guidare dall’istinto e proverò quello che capita. Tu hai fatto benissimo, spero di essere altrettanto fortunata 😛

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    1. L’ultima volta che avevo deciso tutto prima di partire e prenotato anche i ristoranti poi mi sono ritrovata a cancellare una prenotazione perché la signora del B&B mi aveva consigliato un altro posto. Ed è stato un ottimo consiglio, ma ci sono rimasta malissimo a cancellare l’altro posto 😉 Quindi direi di sì, lasciati guidare!

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  5. Racconto splendido Silvia, ho quasi avvertito il profumo di burro della tua pasta. A Sodermalm siamo stati di passaggio.. d’altra parte tre giorni sono proprio pochi per riuscire a vedere tutto.. Fantastici i piatti di aringhe! Se torno a Stoccolma voglio andare a mangiare lì!

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  6. Ogni tanto chiudevo gli occhi per immaginare il tuo racconto, per un attimo anche io mi trovavo tra le stradine di Stoccolma.
    E’ una città che desidero visitare da tempo, chissà se riuscirò a vederla. Intanto il tuo articolo l’ho salvato nella mia wishlist XD
    Niente, dovrò farmene una ragione su queste aringhe…sigh!

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    1. Se ti capita e se hai occasione ti consiglio di stare almeno tre notti perché innanzitutto ci sono tante cose da vedere in città, ma anche perché a me è dispiaciuto molto non avere abbastanza tempo per prendere il traghetto che parte una volta al giorno e va fino alle isole dell’arcipelago – chissà quanti panini alle aringhe avrei mangiato 😉

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  7. Un racconto davvero bellissimo Silvia, mi hai portata con te tra le vie di Stoccolma! Sento quasi il profumo di cannella..
    Come ti scrivevo nell’altro post, è una città che mi attira molto e quindi ho divorato le tue righe.
    Sai che forse il cielo grigio ha aggiunto un po’ di fascino? ❤

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  8. Sento sempre il richiamo del Nord e ogni anno metto Stoccolma nella Wishing List, però per un viaggio a dicembre. Sogno di visitarla con il fascino delle atmosfere natalizie, forse perché mi hanno parlato benissimo delle tantissime manifestazioni tipiche, soprattutto quella di Santa Lucia.
    Ma ogni volta che leggo i tuoi racconti, il Nord mi affascina sempre di più per un altro elemento: le aringhe!
    Le voglio assolutamente provare!
    Un bacio! :*

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  9. Silvia… tutta la mia stima per essere stata più lesta dei giapponesi, a me mi fregano sempre!
    Che tristezza vedere che pasta e pizza ormai le propinano a caso ovunque, anch’io sarei scappata… forse non c’era il sole, ma le tue foto parlano comunque da sole, sembra una città davvero bellissima. E con il food truck mi hai conquistata definitivamente!

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    1. Mi sa che entrerò nel guinness dei primati per il risultato raggiunto, e comunque so già che dovrò subire i giapponesi davanti a me in fila alle biglietteria, che mi pestano i piedi e mi piantano i gomiti nella schiena per i prossimi dieci anni, come “punizione” per averli superati 😉
      E’ veramente una città bellissima ❤️

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  10. Che voglia mi hai fatto venire di tornare a Stoccolma! E che fame mi e’ venuta con le tue foto. Amo la capitale svedese, sembra un paesino fiabesco minimal, di design e popolato solo da donne e uomini altissimi e bellissimi. E poi Sodermalm: ma quanto e’ figo quel quartiere?

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  11. Stoccolma è una città che mi incuriosisce tanto, dopo Copenaghen mi è venuta la mania del nord europa. Spero di visitarla presto, chissà se riuscirà a soddisfare le mie aspettative. Già la presenza di un castello mi incoraggia perché io adoro i castelli. 😉

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