In viaggio col capo: a Londra con un pagliaccio e due contadine della Langa

Una sola combinazione di fattori poteva rendere le mie trasferte con il capo meno pesanti: la presenza di altri colleghi con cui condividere le eventuali sfuriate, e un viaggio che avesse il mio amato Regno Unito come meta. Quella settimana di giugno di qualche anno fa era previsto anche bel tempo: cosa desiderare di più oltre a un viaggio a Londra insieme ai miei colleghi R. e V.? Magari che il boss decidesse di andare in un altro posto o che si sentisse poco bene prima della partenza, come già capitato in passato.

Ma il destino non ci viene in aiuto, quindi ci mettiamo al lavoro per organizzare l’ennesimo viaggio apostolico in terra di Albione. Gli incontri si svolgeranno a Londra, dove rimarremo per due notti. Come consuetudine, partiamo dalla prenotazione dell’albergo in zona Lancaster Gate: la suite per il capo con materasso king size, per evitare di fare il replay di Amsterdam, più una doppia e una singola – entrambe rigorosamente standard – per noi sottoposti. Il boss arriverà direttamente da Parigi, per cui noi tre possiamo volare con Ryan Air e poi da Stansted raggiungere il centro di Londra in bus e in metropolitana, senza temere che LUI vada su tutte le furie per la scomodità degli spostamenti.

Il primo giorno fila tutto liscio: raggiungiamo l’albergo, dove troviamo il capo ad aspettarci al bar, con una tazza di caffè e gli avanzi di torta alla crema che forse lo ha addolcito. Si alza addirittura dalla poltrona per salutarci, lasciando cadere a terra due o tre quotidiani che stava sfogliando, senza curarsi di raccogliergli. Chiama R. per nome, ma R. è un uomo e il boss ha più affinità con gli esemplari del suo stesso sesso, mentre io e V. diventiamo, rispettivamente Gioia e Tesoro. Sappiamo entrambe che non ci considera né preziose né degne di questi vezzeggiativi: è solo che non si ricorda chi è Silvia e chi è V. O forse non ha proprio idea di come ci chiamiamo. Ma non ce la prendiamo anche perché, non avendo programmi per la serata, il boss ci invita a cenare con lui da Veeraswamy, il più antico ristorante indiano di Londra. Ci sono stata in poche occasioni, e ogni volta è stata un’esperienza culinaria indimenticabile. Quando torno a Londra, l’unica cosa che mi trattiene dal prenotare un tavolo nella sala sontuosa affacciata su Regent Street è la paura del conto: ma oggi offre il boss, dunque nessun senso di colpa mi frena.

Una cosa ho imparato viaggiando con il capo: se un giorno va tutto bene non bisogna illudersi che i giorni successivi le cose continuino ad andare secondo i piani. Di solito è la quiete prima della tempesta. La sciagura si sta preparando e sicuramente si abbatterà su di noi con una violenza senza uguali. In questi casi ci sono sempre dei segnali. Un segnale inequivocabile arriva durante la mattina del secondo giorno: siamo a Borough Market, nell’ufficio di un nobile scozzese che dopo un passato non troppo fortunato nel mondo delle corse automobilistiche ha deciso di investire il suo tempo e le sue risorse nel biodinamico.
Ci accoglie nel suo ufficio ricavato da un magazzino convertito, indossando un completo sgargiante: pantaloni blu elettrico, camicia gialla, gilet rosso e giacca azzurra. Io lo trovo eccentrico e mi piace all’istante, ma il boss bisbiglia domandandoci chi sia questo pagliaccio.

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Il clown è simpatico e gentile e ci offre caffè appena fatto e biscotti rigorosamente organic ma, invece di prostrarsi di fronte al capo e ai suoi successi, prova a raccontare la sua esperienza nel campo dell’agricoltura. Ci invita a vedere la fattoria in Scozia, e io già mi immagino a passeggiare tra loch e colline ricoperte d’erica con il boss che urla di darmi una mossa, ma i miei progetti sono destinati a fallire. L’incontro infatti è un grosso buco nell’acqua. Il capo sembra rimanere della sua idea e, alla fine della riunione, ce ne andiamo senza aver concluso nulla.
Il boss decide di pranzare per conto suo da Roast: non ci invita a unirci a lui, per cui io e i miei colleghi trascorriamo un paio di ore mangiando al mercato di Borough Market e bevendo un paio di birre con vista St. Paul.

Tutto sommato, nonostante il capo, rimango dell’idea che Londra sia sempre bellissima. Lo è ancora di più quando lui ci chiama per dirci che andrà in albergo a riposare qualche ora. Ci incontreremo più tardi per un aperitivo con un suo amico, prima di incontrare per cena alcuni referenti locali con cui discutere di alcuni progetti da realizzare nel Regno Unito. Affinché tutto vada per il meglio, insieme ai miei due compagni di viaggio decidiamo di prenotare un tavolo da The Modern Pantry in zona Clerkenwell. Un locale tranquillo, dove c’è profumo di pane e di burro e dove mi piace tornare quando vado a Londra. A dire la verità però questa volta lo scelgo perché ci ero stata con il boss in un’altra occasione e gli era piaciuto.

The Modern Pantry London

Quando saliamo sul taxi sono un po’ tesa: non è ancora successa nessuna sciagura. Il capo è spiaggiato sul sedile posteriore, con R. nell’angolino appeso al gancio di sicurezza della porta, mentre io e V. ci sistemiamo sui due sedili a scomparsa, viaggiando in senso contrario e cercando di non scivolare a terra a ogni frenata. Quando arriviamo all’altezza di Bayswater Road il capo si mette a urlare: “Ho perso gli occhiali! Dove sono i miei occhiali?” Di nuovo. Questo è un classico del boss che, oltre a dimenticare quotidiani, libri, quaderni con appunti, regali ecc nei ristoranti o sui mezzi di trasporto, ha un talento per perdere gli occhiali. Era già successo in Scozia e, in quell’occasione, io e la mia compagna di sventure li avevamo ritrovati nel giardino della lady che ci ospitava per cena. Questa volta li cerchiamo sul pavimento del taxi, rischiando di sbattere una testata contro una maniglia o, peggio ancora, di far aprire per sbaglio una delle porte e ritrovarci in ginocchio sull’asfalto, con un double decker che sfreccia nella nostra direzione.

Per fortuna il peggio è scongiurato: R. li trova sul sedile, sotto il suo fondoschiena. Tutto bene, dunque: non dobbiamo cercare un ottico e pregarlo di venderci un paio di occhiali che permettano al boss di vedere qualcosa. Nella foga non abbiamo nemmeno chiesto dove siamo diretti, ma lo scopriamo dopo pochi minuti. Il cab si ferma non lontano da Marble Arch, davanti all’ingresso di un ristorante che finora ho visto solo in fotografia, su internet. Si tratta di un locale gestito da un nostro connazionale, uno chef stellato di grande talento. E di grande fascino. Ci accoglie nel suo locale e per un attimo ho l’illusione di poter finalmente realizzare il mio sogno di provare uno dei suoi piatti. Poi mi torna in mente che dobbiamo cenare in un altro posto. Intanto lo chef ci invita ad accomodarci, mentre ci viene servito l’aperitivo. Dal vivo è ancora più figo che in fotografia, al punto che io e V. siamo completamente inebetite dal fascino so wild di questa rock star dei fornelli. Si siede al tavolo con noi e non ascolto nemmeno la metà delle sue parole perché sto cercando di capire una cosa molto importante: è più bello il pluripremiato chef seduto insieme a noi, o Marco Pierre White nell’immagine che ha fatto il giro del mondo?

È a quel punto che lo chef si rivolge a me e V. Riesco a sentire solo la parte finale della sua frase: “… scarpe con i tacchi?” Lo guardo senza capire, sperando che V. abbia sentito tutta la domanda e riesca a rispondere. Invece lei si butta sulla ciotola delle olive, rovesciandone tre o quattro sulla tovaglia bianchissima. Il capo decide di rispondere, guardando prima me e la mia collega mentre cerchiamo invano di ripulire l’unto dalla tovaglia, e poi l’amico stellato che probabilmente si sta chiedendo cosa ci facciano due grezze come noi nel suo locale.
“Ma che scarpe con i tacchi!” dice indicando i miei piedi e quelli di V., che fanno capolino da sotto il tavolo in due paia di ballerine. “Queste escono con gli stivali di gomma, sono due contadine della Langa!” E vai di risate fragorose.

Dovete sapere che dalle mie parti, tra Langa e Roero, dire a qualcuno che è un contadino della Langa equivale a etichettare questa persona come un individuo rozzo, grossolano, maleducato, poco avvezzo a stare in mezzo alla gente. Quasi un barbaro, soprattutto agli occhi di chi invece vive in città (non me ne vogliano quelli che fanno davvero i contadini in Langa).
Vi lascio immaginare i venti minuti successivi. Il boss e lo chef continuano a parlare, mentre R. guarda sia me che V. con uno sguardo che è un misto di compassione e imbarazzo. E pensare che le mie ballerine le avevo comprate proprio a Londra qualche mese prima, quando non ero riuscita a resistere al richiamo di una vetrina di Marc Jacobs. Altro che stivali di gomma, altro che contadine!

Il resto della serata procede senza intoppi ma soprattutto senza la tanto temuta sciagura. La pancia di maiale al forno che mi servono da The Modern Pantry mi fa anche dimenticare, per qualche minuto, le risate del boss nel ristorante stellato. In ogni caso, se mai avrò occasione di cenare in quel locale, spero proprio che lo chef non si ricordi di me…

ILLUSTRAZIONE DI COPERTINA DI STEFANO TENTI – IN WORLD’ SHOES: TUTTI I DIRITTI RISERVATI ALL’AUTORE

45 pensieri riguardo “In viaggio col capo: a Londra con un pagliaccio e due contadine della Langa

  1. ahahah adoro i tuoi appuntamenti con il capo! Riescono sempre a strapparmi un sorriso (un pò meno quando li paragono alle mie di sciagure con il boss).
    A te è andate bene con gli occhiali, il mio puntualmente dimentica il portafoglio… ma che ne sappiamo noi poveri! ahhhh
    Un bacione :*

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    1. Se avrai bisogno di sfogarti dopo qualche disavventura con il boss sarei felice di ospitarti qui sul blog con un tuo racconto – se vuoi in forma anonima per evitare vendette 😉
      Quella del portafoglio è una cosa che li accomuna: anche il mio ex boss spesso usciva dai ristoranti senza pagare. Ma per questo d’altra parte ci siamo noi poveri a saldare i conti!
      Grazie per essere passata 🙂

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  2. Silvia stavo per per scrivere: ma che belle esperienze di viaggio nonostante la presenza del boss…ma si che t’importa…blablabla e cose del genere e poi ho letto la conclusione 😦
    Sarà anche abituato ad aver a che fare con chef pieni di costellazioni ma questo boss è decisamente un bifolco con la stessa eucazione di una zappa. Già con Gioia&Tesoro ha perso diecimilapunti in un botto.
    Tutto sommato è un bene che non lavori più con lui, è vero meno viaggi fighi ma in compenso il tuo fegato sta decisamente meglio no? 😉
    Il nobile scozzese l’ho immaginato con l’aspetto di Elton John hahahah 😛
    Buona giornata! :*

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    1. Sai che in tanti mi chiedono come ho fatto a rinunciare a un lavoro dove viaggiavo almeno un paio di volte al mese a uno in cui passo la maggior parte del tempo chiusa in ufficio e viaggio solo quando ho tempo e risorse economiche? La risposta è nel tuo commento: ora il mio fegato sta decisamente meglio! Anche perché nove volte su dieci quando ero con lui non avevo la fermezza di godermi il paesaggio o la città in cui mi trovavo…
      Ah, non avevo pensato a Elton John, altrimenti avrei messo una sua foto – ma c’è da dire che il tizio che abbiamo incontrato era moooolto più figo sia di Elton John che di Willy Wonka 😉

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    1. Grazie, sono contenta che le mie storie ti piacciano! All’epoca vivevo nell’ansia continua di sbagliare in presenza del boss, ma ora ci posso tranquillamente ridere sopra 😉
      Ma sì, cosa ne sa lui di scarpe e comodità? E poi non sarei mai riuscita a corrergli dietro con i tacchi o gli stivaletti scomodi!
      Grazie per essere passata 🙂

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  3. Questo racconto è favoloso!!! Ma il libro quando esce? 😀
    Pensaci seriamente…a me fanno sia morire dalle risate, che tenere il fiato sospeso: sono un misto di comicità e suspense che secondo me sbancherebbero!
    Però dai, “entrare” in un ristorante stellato è fighissimo…io non sono arrivata neanche a quello eppure ne ho uno molto vicino casa!
    Aspetto il prossimo! 😉

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    1. Ah, il libro sarebbe un sogno ma poi LUI potrebbe trasformare la mia vita in un incubo 😉
      Scherzi a parte, mi piacerebbe sul serio ma non saprei nemmeno da che parte iniziare e a chi rivolgermi per una cosa simile!
      Entrare in un ristorante stellato è fighissimo: io ero emozionata, in ansia, preoccupata di non essere all’altezza… ma mi sarei abituata se l’orso che mi portavo dietro non ci avesse umiliate davanti allo chef 😉 Ho poi fatto un secondo tentativo in un altro ristorante stellato vicino a casa mia, ma senza il boss, ed è andata molto meglio 😉
      Un bacione 🙂

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  4. Silvia quando scrivi dei tuoi viaggi col capo sei mitica, ti adoro.. in un paio di occasioni – tizio scozzese e double decker) la combinazione foto e parole mi hanno fatto morire! 😀
    p.s. mi segno i tuoi ristorantini.. quello indiano non lo conoscevo, ho visto il sito ed è fighissimo!

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  5. Se io non sapessi per certo che tu sei Silvia, che questo è il tuo splendido blog, che quell’uomo orrendo esiste davvero e, tutto ciò che scrivi, lo hai vissuto, penserei di star leggendo uno dei romanzi che tanto amo e mi fanno ridere!
    Ti prego Silvia, non prendere questa frase come un’offesa, l’ho scritta solo per specificare che mi ammazzo dal ridere, ma contemporaneamente mi sento in colpa nei tuoi confronti, perché nonostante la tua spiccata ironia ed il tuo talento, tutto ciò che scrivi lo hai vissuto. E, forse, sul momento non è stato affatto divertente.
    Ma io amo troppo la tua rubrica! La adoro! Giuro che mi spiace per l’orrendo uomo con cui hai avuto a che fare, ma cavolo ha involontariamente creato una serie di post capolavoro!
    Detto ciò, gioia\tesoro, potemmo ricordare a quel burino che se oggi siamo dove siamo, è proprio grazie al lavoro dei contadini di ogni dove, che per millenni si sono fatti il mazzo. Ma, immagino, sarebbe inutile spiegare l’ovvio ad un inetto.
    Mentre invece tutto il mio rispetto va a voi tre e a Willy Won…. ehm, al simpatico scozzese bio, che ha completamente ignorato l’ego del Boss!
    Bacioni!!!
    Claudia B.

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    1. Tranquilla Claudia, capisco benissimo cosa vuoi dire! Pensa che all’epoca, di ritorno dai viaggi, raccontavo queste scene a mia madre – lei il boss lo vedeva nelle interviste in televisione, con tanto di sorriso sgargiante e aria affabile – non credeva che stessi parlando della stessa persona. Ma forse è un po’ un tratto comune di queste “personalità” eccentriche 😉 E hai ragione, sul momento non era divertente ma ora ci rido sopra… e faccio sorridere gli altri!
      Tra l’altro lui spessissimo parla con orgoglio delle sue origini contadine ma, d’altra parte, quando uno è burino rimane tale!
      Un bacione Claudia 🙂

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  6. Io ADORO questa rubrica! Mi piace il tuo senso dell’umorismo,hai scelto delle foto esilaranti e in alcuni punti sono scoppiata a ridere (ho immaginato davvero Willy Wonka parlare col tuo capo😂). Ma quanto è fico quello chef? Porca miseria, hai dato un senso alla mia pausa pranzo 😉

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  7. Lo sai che ormai sono una fan della tua rubrica di disavventure con il capo? Mi strappa sempre un sorriso, ma anche un po’ di rabbia perché avere a che fare con un personaggio simile è frustrante, quindi capisco e approvo pienamente la tua decisione di cambiare posto di lavoro! 😉 P.S. Le ballerine salvano la vita quando si cammina tanto, altroché! 🙂

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    1. Cambiare lavoro mi è dispiaciuto tanto, ma alla fine non riuscivo più a sopportare, non soltanto il capo per carità, non sarebbe vero se dicessi che sono andata via solo per lui, ma diciamo che ormai c’erano troppe cose che non mi facevano stare bene. Comunque con i colleghi abbiamo anche riso tanto condividendo le nostre disavventure di viaggio 😉
      Ah io non vado da nessuna parte senza le ballerine!

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  8. Ahahahah mi fai schiantare; non conosco il tuo volto, ma immagino lo stesso la tua espressione nell’udire la parola tacco, cercare di capire che cosa sia un tacco e perchè sia stata pronunciata quella parola, il tutto mentre sei intenta a raccogliere le olive ma soprattutto cercando di evitare lo sguardo della rockstar dei fornelli. Ma che bruto è il tuo capo? Sarebbe da prenderlo a testate ogni volta che apre bocca. Grazie per tutti le dritte su Londra, che ogni volta ci regali…io lo so, spero, che un giorno mi serviranno!

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    1. Ah ah ah ti immagino mentre immagini la mia faccia in quella situazione 😂😂😂 Il disagio! Per di più doveva capitare proprio in quel posto super fighetto…
      Se andrai a Londra ti farò avere il nome del ristorante stellato così se decidi di andarci ti munirai di scarpe con tacco 12 😉

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  9. Mio dio, rimango sempre sconvolta da questi appuntamenti con il capo.
    I viaggi che facevi con il boss erano veramente una specie di Hunger Games..ahahah per fortuna sei riuscita a sopravvivergli!
    Il fatto di non seguirlo più in questa spirale di perdizione deve essere un sospiro di sollievo!
    Un bacione ❤

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  10. Mi aggrego agli altri nel dire che questo tuo appuntamento è sempre esilarante.
    Lo diventa un po’ meno quando provo ad immaginare come devi esserti sentita in certe situazioni, anche la mia ex capa era una s*****a di proporzioni bibliche… almeno in questa occasione avevi i colleghi con cui sfogarti!

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