In viaggio col capo: a cena dalla Lady del maniero

Non ho mai raccontato questa (dis)avventura perché, come succedeva ogni volta che viaggiavo con il capo, non avevo né il tempo né la predisposizione per scattare delle fotografie. Quando lo facevo, i risultati ottenuti con un vecchio Blackberry lasciavano quasi sempre a desiderare. E non avevo voglia di passare ore su Flickr a cercare foto pertinenti, né mi andava di scrivere un lenzuolone senza immagini.
Poi ho partecipato al tag #èsuccessodavvero di A Tourist Abroad che prevede di raccontare tre aneddoti, di cui due veri e uno inventato. Tra quelli di cui ho scritto c’era anche un episodio del viaggio in Scozia che, per alcuni versi, è stato talmente surreale da sembrare finto.
La storia inventata per il tag era un’altra, mentre l’episodio della cena nel castello scozzese è successo davvero…

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La settimana in Scozia insieme al boss, alla mia collega scozzese F. trapiantata in Italia e alla nostra referente in loco P. non ha niente di normale. Tralascio per un altro post le prime giornate del soggiorno in terra anglosassone, e arrivo subito alla tappa in un villaggio dalle parti di Inverness. La nostra permanenza prevede degli incontri con personaggi locali e visite ad alcune mostre e siti storici. Il tutto secondo un programma ben preciso, che il boss proverà a stravolgere in base ai suoi capricci. L’incontro con una Lady durante un’inaugurazione non fa parte del programma, e quando vedo la donna di mezza età avanzare verso il capo, capisco che il suo sorriso non promette niente di buono. P. mi sussurra il nome della nobildonna, illustrandomi il grado di parentela con la famiglia reale. Traduco per il capo, che non sa resistere al fascino della Lady. Scambiano qualche parola in inglese, poi si rendono conto che forse è meglio provare con il francese. Dopo cinque minuti i due sono amici per la pelle: si abbracciano, si scambiano un paio di air kisses e si salutano con un à plus tard. Il mio francese limitato non mi impedisce di cogliere la minaccia che si cela dietro quelle parole: siamo invitati a cena dalla Lady, nel suo maniero.

“Dobbiamo venire anche noi?” chiedo.
“Che domande…” bofonchia allontanandosi con un bicchiere di champagne preso al volo dal vassoio di un cameriere.
In tre secondi scatta il panico: cosa ci mettiamo, cosa portiamo alla Lady, come arriviamo al maniero? Lasciamo la mostra in fretta e cerchiamo di trovare delle soluzioni ai nostri problemi. La questione dell’abbigliamento la risolviamo presto: la giacca nera che da giorni giace in fondo alla valigia, i jeans e una camicia bianca. Il peggio che ci può succedere è essere scambiate per delle cameriere. Non so come ma P. riesce a procurarsi del Parmigiano Reggiano e delle bottiglie di vino: altro problema risolto.

Bottles wine
Photo by Scott Warman on Unsplash

Come arrivare però fino al maniero a un’ora di macchina, e poi tornare al villaggio in cui siamo alloggiati? P. non ha né la macchina né la patente per cui chiede aiuto al suo vicino di casa, anzi di fattoria: ci accompagnerà con la sua auto, aspetterà fuori dai cancelli e ci riporterà in hotel. Quando il gentile vicino si presenta con il suo mezzo di trasporto ho la tentazione di nascondermi dietro al cespuglio più vicino, oppure di tornare in camera e chiudermi nell’armadio: l’uomo guida un veicolo che è una via di mezzo tra un trattore e un pick-up su cui carica le pecore della fattoria. Incredibilmente, il capo non fa commenti: si siede al posto del passeggero, accanto al guidatore, mentre io e le altre due sventurate ci arrampichiamo nel cassone scoperto, nel posto che di solito spetta agli ovini.

Quando arriviamo ai cancelli del maniero cerchiamo di sistemarci i capelli e i vestiti, controllando di non avere escrementi di pecora appiccicati sotto le scarpe. Una specie di maggiordomo ci fa strada lungo il vialetto che conduce alla casa, e devo ammettere che la vista è stupenda: il sentiero, l’edificio di pietra grigia a due piani con le finestre illuminate, il tramonto, il prato curatissimo.
Darling!” cinguetta la Lady dalla soglia. Indossa un abito da sera scuro, di un tessuto che sembra velluto, lungo fino ai piedi. Noi sembriamo tre impiegate di banca: non ricordo di essermi mai sentita più fuori luogo. Prego che la serata finisca presto, spero di non dover fare il giro della casa e che la cena sia un affare veloce. Ma la Lady ha altri programmi: perché non facciamo il grand tour del giardino e dell’orto? Potrebbe andare da sola col boss, visto che ha occhi solo per lui, ma non credo che l’etichetta lo consentirebbe.
In giardino ogni cespuglio, ogni fiore, ogni ortaggio ha una storia che la Lady racconta in maniera dettagliatissima e – per me – incomprensibile, visto che continua a parlare in francese mentre volteggia tra le aiuole. Invece capisco le risposte del capo: forse perché parla una lingua che è un misto tra un francese basilare e il dialetto della nostra regione? All’improvviso mi tornano in mente le immagini di un film, e mi devo sforzare per non scoppiare a ridere pensando al capo e alla nobildonna nei ruoli della Melato e di Giannini.

Melato Giannini
© Wikimedia Commons

Intanto ha iniziato a fare freddo: se non entriamo in casa inizierò a battere i denti in maniera rumorosa. Ma il supplizio finisce e veniamo fatti accomodare in un salotto per l’aperitivo. Sto per sedermi quando il capo si volta di scatto verso di me.
“Gli occhiali! Non li trovo!”
Gli suggerisco di cercarli nella tasca della giacca, ma temo il peggio. Non sarebbe la prima volta che li perde e che siamo costretti a cercare una farmacia per procurargliene un altro paio.
“Devo averli persi nell’orto” osserva. Io e F. chiediamo il permesso di tornare in giardino e usciamo mestamente, ripercorrendo i passi del capo e facendoci luce con la torcia del Nokia antidiluviano di F.
Ogni cespuglio che ispezioniamo è l’innocente destinatario di una nostra imprecazione: una in italiano da parte mia, seguita da una in inglese da parte della mia collega. Finalmente li troviamo, i maledetti occhiali, in un’aiuola tra l’orto e il giardino.

Quando rientriamo i due amoreggiano ancora un po’ in francese, mentre noi tre ci sforziamo di non addormentarci. Mi riscuote la voce della Lady che chiama all’appello una cameriera: si presenta una donna in abito nero e grembiule bianco, come in un romanzo. Sbaglio o la Lady si è rivolta a lei chiamandola woman? Possibile che non si ricordi i nomi dei suoi “servitori”? O forse ha semplicemente dei modi burberi e barbari? Lo domando a P., che mi risponde in un sussurro: “She said Wilma, not woman.” Ma non sembra convinta. Intanto il boss e la nostra ospite continuano a parlare di chissà cosa, ignorandoci, fino a quando Wilma ci informa che la cena è servita. La sala da pranzo è una stanza formale, con tanto di ritratti alle pareti, candele accese e tendoni spessi. La tavola è apparecchiata con milioni di posate, piatti di ceramica, sottopiatti d’argento e bicchieri di cristallo.

Table Glasses Flowers
Photo by Mat Reding on Unsplash

I camerieri servono un’insalata con le verdure dell’orto, seguita dal piatto principale: grouse, cacciata proprio dalla Lady che, nel tempo libero, si diletta a sparare ai galli cedroni. Non ricordo il dolce, forse perché temo di addormentarmi e di scivolare con la faccia nel piatto: di cene di lavoro ne ho affrontate tante, ma mai una in cui due commensali parlano in una lingua che gli altri non capiscono. Soprattutto quando le altre tre persone presenti si sentono talmente a disagio da non azzardarsi nemmeno a chiacchierare tra di loro. Quando arriva l’ora di andare via la Lady ci accompagna al cancello, dove il vicino di P. ci aspetta con il pick-up, pronto a caricarci nel cassone delle pecore e a riportarci in hotel, dove finalmente questa giornata memorabile arriverà alla fine…

Illustrazione di copertina di Stefano Tenti – In World’ Shoes: tutti i diritti riservati all’autore

38 pensieri riguardo “In viaggio col capo: a cena dalla Lady del maniero

  1. Una statua per il vicino che ha aspettato fuori tutto il tempo! O_O
    Sono morta dal ridere, soprattutto quando hai citato “Travolti da un insolito destino” hahahah! Ho immaginato il Capo lasciare di proposito i suoi occhiali in un cespuglio con l’intenzione di spedirvi nell’orto per stare solo con la cacciatrice di Galli Cedroni (appunto)! 😀 😀
    Ma lui è tornato con voi allora? Nient’altro che air kisses? Mi stavo appassionando alla fiction 😉
    Buona domenica Silvia, è sempre un piacere leggerti!

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  2. Silvia, sarei stata felicissima di partecipare ad una cena in un maniero scozzese anche se gli ospiti avessero parlato turco per tutta la sera!!!!!!! 😀 Ti sto invidiando un sacco in questo momento, e mi fai morire dal ridere! Sono sempre più convinta che le tue avventure potrebbero benissimo diventare dei film 😉

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  3. Fantastici i tuoi racconti, Silvia. Adesso ho nella mente quest’immagine di un maniero in mezzo al nulla, con arredi pesanti e atmosfera da casa dei fantasmi… e la Lady! Potrebbe partecipare ai cast di una serie in costume come Downton Abbey!

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  4. Pazzesco! ahhahaha
    Adoro leggere le tue dis(avvenutre) con il capo perché sono incredibilmente belle nella loro assurdità.
    Ci si potrebbe davvero girare un film, le ambientazioni poi sono sempre fantastiche….dai dai silvia scrivici un libro!!! Io lo prenoto da ora!!! 😀

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  5. Silvia, dimmi la verità, quando siete in trasferta con il capo c’è qualcosa che va secondo i piani? ahahahah Mi sa di no, vero? Un applauso per la vostra pazienza. Il racconto per le sue disavventure è stato molo divertente però. Ciao )

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  6. Questo tuo racconto mi ricorda vagamente un pranzo con il mio ex capo in Svizzera…e ti capisco, quando dici che stavi per addormentarti a tavola. Io in certi momenti mi sono sentita anche di troppo 😀 :-D. Complimenti per l’ironia!

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